Quattro Cento Cinquantanove
Vi ringrazio, e di tutto. Delle serate in vostra
compagnia ed in mia mancanza su tavoli
di poker mai sfiorati, tra le luci basse ed
il fumo in fuga dalle ciminiere innalzate
sulle vostre bocche. Di avermi accolta
invisibile e meridionale nel vostro parterre
orientato sulla neve, cavallette in previsione
di gelo, oracoli dell'erezione delle piogge.
Di avermi insegnato la curva dei campanili
colati a picco, le ricette della vostra fama,
i colori delle case e degli addii. Ringrazio
tre donne sedute intorno ad un tavolo,
intessute con gli stessi lineamenti,
trafilatura al nord, le ringrazio per come
hanno svasato il mio cuore dalla
solitudine e lubrificato di speranza il
suo innesto sulla morbida coperta
della pianura, in attesa di frutto.
Ringrazio te per il tempo in cui
mi hai scelta, lavata dal passato,
asciugata con un roseo elenco di
prole, ricoperta di culle e nastrini,
vegliata nel travaglio, assistita
al parto. Grazie per aver gioito con me
che fosse femmina e maschio,
simile a te e simile a me, con le tue
spalle ed i miei occhi , la tua voce
e la mia resa. Quando mi addormenterò,
dopo la madida fatica che ci fa piovere
al mondo, quando questo ventre rabboccherà
il suo dato, obiettivo smesso, retrattile messa
a fuoco, socchiudi la porta e, andando via,
conserva insieme al mio grazie, fazzoletto ripiegato
tra i guardrail della lavanda, il corredo ancora
intonso, il velo di imprecisata lunghezza, i doni
di nozze in attesa di ritiro e la pira di felicitazioni
che non rispondono più ai nostri nomi.