Quattro Cento Cinquantotto
Non sai se sono vestita di blu,
se di viola. Se ho freddo là
dove non sei più passato,
se i miei capelli tendono a virare
dalla testa o i piedi ad ammutinarmi
il desiderio di andare. Nemmeno io
ricordo più come si componevano
le tue ossa: ricordo però la traccia
bordeaux del sorriso che ti dilaniava
le labbra scusandosi di essersi
innescato a metà strada fra le rughe
ed i campi. Ma tu non sai se oggi
tossisco, se domani mi domerò al
letto, se il mio trucco è sbavato
e senza cilindri, la camicia quella
di allora e la borsa la stessa,
nera. Se la vita è incavata e
le ginocchia adunche, nasi
che non hanno più familiarità
col tuo odore. In effetti anche
io ho difficoltà a rimettere in ordine
le tue spalle sull'incudinei delle
gambe che ho toccato abbastanza
per non confonderne il dolore.
Oggi è un altro giorno da ieri
che tanto somiglia già a domani.
La colpa del lurido lunedì
ricade su tutta la settimana:
è congenito il morbo,
perniciosa decalcomania.
Eredità assegnata puntuale e senza morti.