Quattro Cento diciotto

QUando una mano va sul tondo, tronfio , carnoso giaciglio a sentirne pulsare la semenza, quando una mano dice proprio il nodo annodato la' dentro con poche ore di pratica, tenendo un capo, poi l'altro, infila, poi sfila, qualcosa mi rende affamata di simili cure. Allora provo ad imitarne la tenera ansa, la duratura zavorra, dorso primordiale, naso gibboso spuntato su un cratere arato con la lava migliore. Che dolce, morbosa invidia per quella falce , luna opaca a cui sono buia, fredda come un'eclissi.