Quattro Cento Novanta

Quante vite avrò già vissuto, le ali
ferrate nelle tue mani per correre
bene il mio volo su, tra pendici
che non hanno picchi e tutte uguali
danno il ventre al riposo, verdi e bovini
adombrano. Quante vite avrò già
vissuto in bilico sui tuoi sostegni,
io spettrale filare carponi,  poi
traballante sulla scala
nerboruta dei castagni.
E se mi fossi lasciata andare
prima al tuo nome, dieci o più
stagioni fa mi avresti arata
ad  ammansirmi  oggi alla zuffa di
zolle: calze dilatate e calde,
a cui i semi vanno
come i piedi alle case.