Quattro Cento Novantanove

Venti minuti, rimpiccioliti:
sotto la lente passano i pini
con gli aghi, il sole è un ditale,
la cucitura dai tronchi alle teste
è ferma  e  quasi sfrontata. 
Ai tigli hanno inaugurato la
barba, tenera polluzione allergica
ed eccitata che macchia già
i rami. E sui tetti, tra tegole
e grondaie, ali di scorta e
ricicli, mansarde, schiuse le fughe
all'inverno, le biglie e i tornei
corrompono pomeriggi infiniti
di bouganville ricamata sui muri,
e una gualdrappa di edera ,
tenta, tentacolare bordura sui
dorsi a secco delle mie vie.
Ma  a venti minuti dall'ultimo
goccio di voce, tu hai già
indossato una giacca color
del ricino e porti bene il
mio ricordo sotto il braccio.
E quando alle diciannove dovrai
reggere chiavi ed ombrello,
copione, busta , una mano
e forse un regalo, lo lascerai
andare: un numero in caduta
ma senza frattura, show di passato.
Giù, verso il c'è stato.