Quattro Cento Novantatre
Che sia prima dell'estate: in estate
io mi ammalo ed il mare va in fuochi
e c'è dispersa nell'aria la solita
fragranza di seta e semi neri,
di frutta squarciata. Vieni prima
che dalla gola di tutto l'Agosto
si stemperi il bruno rosolio
dei gradi eccitati: è questo l'incantesimo
che sta per finire, se tu mi vuoi,
che sia prima di allora, della mia
degenza in sandali cipria.
La ruota di gonne dal mio armadio
tenta fughe mal riuscite, una classe
di pavoni taglia quarantadue, ricercati
nella primina della nuova stagione.
Ma tu fai prima: prima dei cocomeri,
delle sdraio sguaiate e piene, dei
draghi delle quindici e delle
cordate di vicoli a sud.
Una mano, la tua, venga a prendermi
per le scale. Tranciami dal loro
budellino di maioliche e dall'acconciatura dei glicini.
Trova una scusa, la data, un appuntamento,
la ricorrenza e pur senza regalo,
che sia prima, prima che la luna
in costume rida di me
su, fra le stelle che asciugano.