Quattro Cento Ottantanove
Sei ben assortito: dalle gambe all'avallo
dell'inguine che ti fa alto e ad alta voce
quando io sto zitta. Ma tu sei più
grande, anche se parlo e mentre
rimpicciolisco le mie paure mi fanno ombra.
Sei corredato dei pezzi migliori:
dalle ciglia che mi sbattono in faccia
quanta vita ho perso finora alle braccia,
due corde venute a prendermi nel
sonno mio sveglio. Labbra e labbra,
come tetti in difetto o mansarde scuioate
dai vetri per farsi tuttuno il refolo umido
e la sintetica scrematura sui gelati
più panna. Io non so stare in piedi
più del dovuto, seduta provo
a nascondermi: i miei occhi
gettati fra i passi si sono alzati
solo una volta per sfiorarti il
mento, lì dove infili tutti i pensieri.
Una radura a cui non vengo da
giorni e la strada con cui
raggiungerla nulla più sa di me.