Quattro Cento Ottantotto

A chi mi osserva come l'orologio che d'improvviso
sbotta vomitando il cucù, dico che il fiotto
di rigurgiti ed inchiostro non è che spurgo
dei miei malumori, di cose rapprese,
rancide e risparmiate oltre la lapide  della scadenza.
Uno sfratto, un inventario con piglio da esecuzione,
uno scarto, pulizie per tutte le stagioni con cui
estrarre ed obliterare il vecchio, il disuso.
Questo il lavoro che faccio ogni volta castrando
il foglio di voti neri.  A chi mi chiede se ho
curiosità ed ansia che le risultanze, ripulite,
abbellite, dosate e domate, vadano di bocca
in bocca e poi di mano in mano, come
paralumi dèco nei mercatini o porcellane
sbeccate trovate per occasione, rispondo
che io venderei bile, pus e veleno per cui
non c'è tranciatura, cura od antidoto
e che forse sarebbe meglio e più sano
lasciare stipate certe sostanze nella
concava, buia matrice di produzione.