Quattro Cento quattordici
Sono parole ma svettano con la malizia di seni che tu tocchi e maneggi arroventandone la polpa con periodici giri, inturgidendone le punte già acuminate . E vibri delle nere scintille dell'inchiostro, calotte di nuovi insetti scontornati dall'inverno, proiettili assestati con la precisione carnosa del pugno. Quanto amiamo questa carboneria di cui frequentiamo spesso gli affanni e a te quanto preme arrivare per primo al mellifluo umore che secernono gli agglomerati di lettere opportunamente titillati, quando colano la scura bava, cemento fra le bianche pause , come eccessiva larghezza fra i denti, opportuna distanza fra muscolo e tendine. Ma non sono gambe, non il ventre da ombreggiare fino al dosso che obbliga ad immaginare il caldo prosieguo dove impalare la tua radice. Sono parole e miracolosamente sanno di corpi e di sangue , perché questa e' la poesia e ci sta davanti con il tenero gheriglio di una donna nuda e la vertiginosa architettura di un tempio.