Quattro Cento Sessantadue
Mio angelico Belzebù che a novembre avesti
il tuo corteo, la rossa processione del mio sangue
spillato in effervescente bollore, l'annusata caparbia
del cuore fino ad allora assordato da deflagranti
equivoci. Ho fatto quanto richiesto, compilato
con ordine la lista delle cose che ho messo
in vendita. Le ossa: tutte. La carne: pari
peso. Pari destino. Occhi e pensieri:
i primi impalano le tue parole, i secondi
secondini delle tue gambe.
Bocca e mani: le labbra non si
insaporiscono da mesi, le mani vanno
via come foglie a cercare una tomba.
Per il resto ho un cancello oltre il
quale più non passo perchè so che
è lì che la mia morte attende con
l'invito suadente di una bacca succosa.
E vorrebbe addentarmi la fede brulla
con cui mi dedico a te e dall'anima
spino ogni altro demone. Al punto
che ora bussano tutti insieme e fanno
ressa ed io mi allento un po'
per inghiottirli e poi sputarli, passeri
invischiati dalla saliva della tua molteplice nomenclatura.