Quattro Cento sessantasette
Sul tuo sterno vengono ad appendere
le crinoline: da anni credo si svolga
questo biondo o moro rituale,
meduse in feroce accoppiamento
e nomi alla rinfusa. Dicono forse
si accorino ai tuoi versi che intruglio
di strega non potrebbe mai fare
più allusivo delle tue suadenze
e dei tuoi strali. Devono aver lavato
prima tutto il fornito, esperto
corredo: so che dallo sterno,
tastando la tua cassa come il muro
che qui è pieno e vuoto altrove, si
sente esatto e caldo il lago
dove palpiti. Lì scorrono vene
ed acque di limpida consistenza:
il battesimo lo fanno con le gambe,
con i bacini, con le avide bocche
di città. Il celebrante è ancora
un palazzetto di lettere a più
piani : scavalcato l'ingresso
di cui non concedi le chiavi,
una volta basta,ripetersi è
scontato, si ha voglia della
terrazza e dei ripostigli,
delle cabine dove accumuli
ancora e sempre parole
per tutte le stagioni. Ma io arranco
già al primo passo: ho impurità
da bambina , i giochi infilzati
nelle anche. Volevano operarmi,
la mia andatura è goffa e fuori
tempo, ma sembra sia già
anziana per qualsiasi intervento,
curativo o correttivo. Nessuno
si addossa la responsabilità
di vedermi cedere all'affilata
ustione del bisturi: così
provo a fare quello che mi
riesce meglio, provare.
Certo non arrivo a trattenerti,
trascino il busto e alla tua ombra
larga di platano, eccitabile
vibrissa, mi faccio piccola
quanto un grumo. I
Insignificante ma stabile,
lapide della rossa, vitale,
precente liquidità.