Quattro Cento sessantotto
La luna ha carichi pendenti: da due
notti tengo vicino la tua meccanica
buonanotte di tasti ed alfabeti
sragionati. Santino hi tech,
pelouche senza imbottitura.
Lei, intanto, veniva presa.
La caccia ordita senza premi,
le prove accatastate da monatti
della celeste giurisdizione.
L'olezzo ha incuriosito gli occhi passanti.
L'atea ostia girata per me quasi
sempre di traverso, adesso ha
più colpe che bellezze. Non dico
che ne godo ma se fossi stata
in grado di sguinzagliartela dietro
con l'autorità del padrone al suo
fidato, ne avrei poi torturato le
ore di turno in cielo chiedendole
la cosa più prossima alla
tua schiena. Va bene, lo confesso:
ci ho provato. Glielo chiesi.
Ed al rifiuto l'ho insultata.
Così che adesso un poco
mi compiaccio della prossima condanna.
Cercavo alleanza e protezioni per
fare della tua carne il mio rimedio.
Ma lei non collabora, non sa di
complicità nè di spionaggio.
Forse è innocente. E non vuole
altro che arrampicarsi all'oscura
soffitta da cui dipendiamo e come
i bambini sorpresi sugli alberi
in pericoloso, curioso equilibrio, anche
lei impiegherà tempo per calare, per scendere.
E non darmi più torto.