Quattro Cento ventisei
Un rappezzo mostruoso non basterebbe a sanare la svastica del suo abbandono : incolmabile e' la misura dell'affondo con cui prende di mira l'esatta pulsazione del mio diletto, ingabbiato orpello e sanguigno. Schivarlo? Impossibile: non esiste stagione che sia al sicuro dalle sue mani, dalla fossa maliarda della bocca, dalla nodosa parure che ne abbino' le iridi ai lobi ed i lobi alla mascella. Così lascio che mi prenda le ultime resistenze: ciò che e' arreso, si e' arreso sorridendo. Ma se andasse via il suo assalirmi, mi piegherei al nemico peggiore che e' trascinarsi per sempre senza una sola, grondante ferita, un alveo senza sutura che ricordi il fatale foro d'ingresso del conquistatore.