Ripudio te, caronte
Ripudio te, Caronte, ripudio la tua sorte,
sembianza ostile...
non di demone... non d'anima dannata,
ma serpe vile.
Di Lucifero, schiavo infernale.
Traghettator infame d'anime perdute,
scortate alla foce, nella miscredente baraonda,
in un silenzio ambiguo e innaturale,
nell'acque fredde dell'eterno fiume scuro.
Impietoso e muto, il tuo remar continuo.
Atavica figura orripilante,
t'accosti tra gemiti e lamenti,
alla triste dimora del tormento,
in cui incessanti pene s'hanno, in perpetuo,
da scontare,
per giudizio incontestabile dell'Onnisciente Padre.
Anime nere s'accingon a sbarcare,
meste, all'avanzare, nel varcar la soglia,
alla mercé di diavoli e fiamme inestinguibili,
gl'innumerevoli peccati, stolti fautori imperdonabili,
nel mentre tu ritorni alla sorgente della terra fatiscente,
nell'imperterrito navigar sui flutti dell'altrui rimorso,
del tutto sconosciuto all'incosciente tuo sapere.
Ripudio te, Caronte, ripudio la tua sorte.
Ripudio quel tuo mondo,
intriso di male, di rabbia e di furore,
sebben tu paia mite e solitario, nel comune immaginario,
traghettator, senza ritegno, di chi non ha più scampo.
Entità servile dell'infernale abisso d'orripilante scempio.