Sbriciolata la luce dai rami
sulle poche ossature rimaste
fiata l’odore della sera, illude
che la notte ferita da una luna
nuova farà pace con il giorno,
che per stavolta sarà un lieto finire.
Fermo, restando seminudo ai fianchi
di lei che incurante riveste, tratteggia
negli occhi l’azzurro, come in una buca
muta trattiene il battito nell’epidermide.
Fuori le corde vanno gli spasmi,
gli affanni del non detto
già e non ancora rivelato,
avvinghiati agli stipiti
simili a foglie vibrate
dal vento.
6 settembre 2012
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