Sei Cento Quarantacinque
Se sposassi l'uomo delle cravatte
o il metronotte, la notizia ti giungerebbe
in un plico sordomuto mentre fai buio
e spedisci le gambe nella nebbia.
Ore 16,00: la bici è al guinzaglio
mentre un dado con il mascara e
la borsetta decide se premiarti,
o adularti. In fondo non c'è
storia fra maiolica ed abete,
fra poiana e branchie.
Io sono il giù, il sotto,
il basso, la radice,i piedi,
sono Positano e troppe scale,
le case sputate fuori come i
capezzoli col freddo.
Sono attracchi e tammurriate,
i restauri di Pasquale e le vinacce
accumulate sotto costa, sono le aragoste,
scarafaggi ‐sub e la tappezzeria color
lampara.Io sto bene nel mio ghetto di
"Dottò!" e castagni ‐amo, sto bene
dietro una finestra, radiografo d'autunno.
Per tanto non scusarti, non rammaricarti:
questo ritardo era necessario a mettermi
al dito il nome giusto ed a svezzarti,
deo gratias, dall'assurdità del varo di uno scoglio.