Sei Cento Quarantatre
Oggi ho un non so che di
felice e di traverso nella gola,
improvviso come il mezzo
e pesante coricato sulla carreggiata.
Forse perchè ho debellato il mio
mostro, l'ho inghiottito, con l'aiuto
di una mollica a cui si è affidato,
il naufragato, con l'impugnatura
dello stercoario, biglia nera e
chiara, frac incongruente.
Adesso sento nuovamente il vento
di Venafro rimbombare sulle
vetrine della Casa dello Sport,
sette ragazzi, tutti di jeans,
ridono le scale di un vecchio
Agosto e la luna, setter smilzo,
punta Isernia da lontano.
Rivedo le ali di Sesto Campano e
doso la borsa gonfia di spezie,
il droghiere spunta ad oriente
del retrobottega, l'unto sacerdote,
con l'ostensorio del grembiule
punge budelli impacchettati.
E mentre i tir scavano la provinciale,
una cotenna di freddo viene ad
abbracciarmi. A mezzogiorno ho
deglutito: è sceso al piano terra
l'ultimo orco, giù in fondo,sottosuolo,
destinazione da miniera.
Il mio mezzogiorno sorride finalmente
anodizzato, scintillano brocche e
parmigiano,fucina senza furto,
criceto contento di un altro giro,
chiostra di denti ipnotizzata
dal pendolo della ruota.