Sei Cento Quattordici
Le parole hanno fatto le valigie,
alla chetichella fuori dalla porta,
sgattaiolate come la goccia dal
rubinetto libertino. Non c'è stato
il tempo di salutarle, tutte impressionate
dal tuo nome, decalcomania di breve
durata, marchio sul trancio migliore,
codice da pezzatura, tatuaggio da
fine galera. Le parole sono andate
via qualche giorno fa con la faccia
dei turisti che rimpiccioliscono
a via Magruni dove i limoneti
colano come fontane, le fontane
sono serie e la resina, calamita
con bouquet, è sirena ai gradini.
Adesso, sinceramente, non so
più come chiamarti, indicarti
mi è difficile: sei una piazza?
O un vicolo? Forse una scorciatoia,
il complotto di due percorsi
somiglianti. E' che loro, le parole,
avevano tutto: il criterio dei tuoi
occhi, la fronte del tuo sorriso e
adesso, senza quel sussidio,
quello stipendio di suggerimenti,
non riesco a tirare in piedi
la tua forma. Pertanto taccio,
più silenziosa di qualsiasi silenzio
perchè è questa mano che smette di parlare.