Sei Cento Trentaquattro
Nonna, i nostri posti sono foto di bottoni:
tutti lì, fossa comune, nella scatola blu
del borotalco, spurgo vintage delle asole,
i cordoni variopinti tagliati senza cura,
bava asciutta di orfanezza, di giovane ripudio,
monete a quattro fori, altre storpie, veterani ad
una gamba, tavoli miniati evocano gli spiriti.
Nonna, Assergi è un gufo arrugginito dal tramonto e
sulle sue spire stanno le rocche,il pennacchio argento
della nevicata, Montazzoli è la bugia di un bambino.
Avezzano sta tutta in un paio di scarpe: il calzolaio fece
un buon lavoro quell'inverno. Nonna hai fatto anche tu
quelle scale? E svoltato a destra, fra la Chiesa ed
il portale svenduto e detestato? Ora so perchè il
mio ventre non vuole sale e perchè a riva la mia onda
è solo nebbia, perchè cerco l'incornata dei temporali.
Io sono la tua bambina, i calzettoni strozzati sotto il
ginocchio,sono la coccarda,la prima campana di
Agnone,le interiora massaggiate col prezzemolo, il
ruoto ustionato dalle castagne. Sono l'uva passa
e la candela, il rosmarino evitato dal gatto e la
consolazione. Nonna che dici il tuo dialetto,
nonna che non dovevi cadere qui ma dormire nella neve.