Sei Cento Trentasei
Torna pure alle tue Grete:
sono fonde, pozzi oscuri
come ai sogni dei bambini.
Rosse fosse accomodanti,
caramelle multi gusto, scorza
opale e polpa blu, zucche isteriche
esplose contro i semi.
Torna quindi alle tue api con la
chiave sempre in bocca ed il miele
in punta d'ali: majorette appiccicose
come il bacio alla francese.
Io non ho trascorsi dentro il ventre:
se vuoi entrare porta al seguito una
torcia, da qualche parte giuro, credo,
stia il pulsante che potrebbe duplicarmi.
No, va bene, lascia stare: torna pure alle
tue Veneri, alle sere bionde e brune,
ai crani in ebollizione,
misto carne a taglio vario.
Io non ho culle da svezzare, faccio un
letto ed un letto è altare, le carezze
son candele comprate dalla foga
e dalla moneta, lingua ‐ robot che
già scava la fessura.
Il mio sapore non fa rima,
non ho il turgore nè la ghianda
da cui cola il gran secreto con
cui ti tengono all'inganno:
passeretto nella morsa del malefico collante.