Sei Cento Trentotto
La casa è mondata: chicchirichi!
Osanna! La novellina sguscia
dalla pula molesta, più pulita,
la piccina, di un budello ben
sgasato. Comignolo sturato.
Tutta vergine ed ignara dall'anta
alla cucina: le finestre tese imeni,
ombrelli intatti,tube tunnel, asciutti
sai ave ‐nodo, la porta un geco,
un prepuzio, innocente, pia lumaca
con la testa imbavagliata.
La casa è battezzata: via il maligno!
Alle tende irrorate con suffumigi
ed esorcismi, vanno appese ostie
non liquirizie. Sui comò dicono Messa,
tra i divani il confessore: tutto splendido
e leggiadro più del pranzo, della Domenica,
della ciambella affumicata, Polifemo
lievitato. La casa è spurgata: complimenti.
Clinica dallo smalto perfettissimo, i muri
in tulle, rigidi cigni, il cemento smontato
è neve. Passa ancora un turno di straccio
intriso di benedizione, ha lo sguardo
d'ispettore e lo scarico dell'astronave:
lì vanno le stelle, nel cestello, nella
trave, dentro al fosso, all'armadietto.
Ma io son l'orchestrale che dirige
il bianco ospizio con un mostro in fondo al secchio.