Sei Cento Venti
Avevo una cosa in mente, poi
l'ho dimenticata. Come sempre accade
quando mi svesto e metto le tue ossa.
A chi mi guarda e dice " fa attenzione
che non sta bene prendersi le malattie
degli altri, certi catarri asciutti e le
sconfitte" , faccio spallucce e rido.
Che già sono te dopo le cinque.
Avevo una casa e l'ho spogliata:
adesso è aborto, un nido ormai
sbiancato dalla covata in decollo
e laureata, e sta sul ramo tutto
sciancato, lo spettinato, le travi
e la pagliuzze puntate in fuori,
vecchi cannoni, pubblica
uscita di interiora, come una volpe
a cui è schizzata la mobilia
nell'impatto. Dovevo dirti una cosa
e non so se l'ho già fatto.
Ma se così non fosse, spero mi
perdonerai per questo ossobuco
con cui ti amo, rigido occhio che
più non vede e per midollo inzuppa la tua tana.