Sei Cento Ventisei
Tante cose non vanno.
O non vanno più.
Il cucù guaisce dalla scatola ed al suo
polletto, pomo d'Adamo non irrorato,
sbarrato e di traverso, il cattivo boccone,
hanno messo la museruola anni addietro.
Un bagagliaio è morto, l'altro sciancato.
Della panca si narrano leggende: altare
senza unzione, binario su cui correvano
le fortune dei parenti e nella pancia
stipati come alici i corredi
per le spose mai arrivate.
Tante cose liquefatte: il manico
del bricco, la maniglia del primo
tema: apritelo per trovarmi, giù,
in fondo, l'ultimo rigo; la scatola di
latta, cervella al burro decorate da
damine, il foraggio per i passeri
in picchiata. Di tutto mi restano
solo le mani, intinte e stinte,
deflagrate e forsennate, un po'
orfane, un po' maitresses.
E quando come oggi cominciano
la tarantella orizzontale dimenandosi,
mi chiedo se siano davvero figlie dei
polsi a cui spesso non combaciano.
Placenta grezza quanto un miscuglio.
Le mie dita sono muli che scalciano
da ferme e tori in incornata
quando impenna il rosso della voglia.