Poesia
Sessantadue
Seminatemi a Maggio: allora venne
la sua pelle, la dolce scanalata
merlatura di piaghe da cui una mattina, di trenta,
si è alzato un ventre come avesse noia perfino
del dolore stesso. Di quando lui è stato arato
nel letto di un amore antico, adombrato da piazze
come da trine, non so dire: ma so come ha preso
i miei occhi che erano spegnimento e resa.
Seminatemi a Maggio: fate la gola avida
abbastanza perchè là dentro non veda il profumo del cielo.
Mi basterà un nodo di radici come cuscino, una pozza
nera per altalena: dicono sia più facile somigliare ai bambini
quando tutto intorno ci smette l'inganno.