Si ferma anche il vento
Si ferma anche il vento
E poi si ferma il vento come un mare pieno
al piede sterile di solchi sospettosi
perché non ho più trina
da svergognare al passo lento di sere tuttaluna,
non ho più merce bianca da mostrare
alle comari afflitte da sottogola impolverati e duri
e un urlo si compiace dentro il respiro povero dei sassi
sbriciolati da tessiture perse al bivio della neve
dove anche il cieco sa l’impasto azzurro e fuggitivo
tra le mani
e gioca i suoi colori
con me, che sulla paglia mi accudisco lesta
in equilibrio di un’assenza, e vertebrata di ossature
antiche in sepoltura attenta, magari su un avanzo di briciola leggera.
Quindi si ferma il vento ‐ e io non lo sapevo ‐
indaffarata a margine di scialli
per ricavare l’ozio da preghiere calde in mio sudore
si ferma e cade nella ferita tra due mattonelle
dove ballavo a passo doppio la solitudine fasciata
dei soldati,
il grigio tutto intorno e l’ora piena
del pasto a me impercettibilmente tanto caro,
seduta come MadreMadia alla bicocca,
caduta al freno nero di un cavallo equestre
falò d’agosto su vertigini smurate
da navi di passaggio a un equatore.
Così di me rimane legnacenere sbiadita sullo specchio
che non s’incendia, eppure,
(ascoltami)
sull’ansia di una brezza già dissolta
ancora no, ancora no, non muore
per decenza.