Tre Cento cinquantaquattro

Chiamatemi allora come il suo nome, infilatelo bene questo perno nel vuoto, gli incastri distratti. La vite ritrovi  il suo innesto, non parlo di innesco ma esplodono bugie sulla lingua se mi fingo completa senza il suo estremo. Lui e' di tutte le cose la cosa più vera, cara fino a dilapidarmi, iniettata per dissanguarmi, sostenuto salasso. Lui, sfuggente e padrone, ridente e disperato sorpasso con il muro di mira. Non ci accomuna che un varco, da li' transitano le nostre provvigioni , nere fattucchiere ordiscono la grama predizione. Chiamatemi soltanto per dirmi sua: voglio imbastardirmi alla corte dei giorni, smettere anche la leva che mi fa in piedi se non avrò la sua carne a finire la mia nella mia.