Tre Cento cinquantasettea

Questo il mio spurgo, fossa d'inchiostri, pozzo di non esauditi, audizione di mali. Inetta la soluzione che, sgorgando, non stura ne' cava dalle mia viscere la concrezione malvagia e supina. In punta di dita ho taniche scure, così mi riservo il percorso più serio, la mia mondatura longeva . La parola e'
vanga, tutto il resto setaccio con cui eleggo, poi boccio. Io padrona di versi senza animali, la mia scrittura un imbuto, irsuto dall'imbarazzo , non rosso ma tronfio.Da un foro e dall'altro stanno più occhi che bocche a vedere come travasa il tuo nome. Solo che io ne tengo impegnata la pancia, intasato orifizio, oracolo senza più getto. Voglio allestirmi di te, pensare che peso per il tuo peso, che una sola tua visita mi curi col sempre mettendomi al pari di questo corsivo.