Tre Cento novantadu

SOno certa che in cielo sappiano più di noi che del grigio raglio che avanza, che spaino le nubi per adocchiare il senso  che ci inchioda sulla stessa direzione, pidocchio esiliato dalla lozione del giorno di festa. Come spettegolano i cirri! Ed il vento, che compito affabulatore! Di te travasano tutte le bellezze, recitate come grani di un rosario. Io, invece, sono una spalla di luna e solo quando mi guardi, esco dall'utero del mio buio, porgendo il cuore ancora crudo. Gli occhi divampano ed improvvisamente ti somiglio.