Tre Cento novantasette

La mia poesia ha la disperata generosità della garza già consunta, accorre rossa, mimetizzata di altri sfoghi , sulla ferita che ho per lucernario e rattoppa, sforzata, suggendo con una boccata sterile e vogliosa . Inzuppata del mio male fino all'ultima fibra, rilascia poi all'improvviso il succo di cui si imbeve: travaso più che emostatico, nero muscolo disteso dopo il crampo. Per questo non guarisco e gli stipiti delle mie ossa sono sempre marchiati a fuoco dalla giubba di un soldato preso al petto. E' da quel foro che il nemico spia del cuore l'antico verso, l'animale che va al macello e crede con un grido di spezzare la catena.