Tre Cento quaranta
Al mio sterno non puoi appendere niente, questo sterzo secco piantato a spiare la faccia del cuore, fa già fatica a prestare il suo verticale, incassato servizio. Non contare neppure sui fianchi, troveresti appigli migliori nel primo, eccito roveto. Il mio ventre poi ha ben poco da dire, vangato da tempo sta a bocca aperta aspettando gli piova il finale: ogni tanto si irriga da solo, due o tre starnuti, ma senza far seguire il malanno. Un occhio distratto trova armonia perfino nel disincanto che viene da tanti pezzi in abitudinario, stordito assemblaggio. Bisognerebbe annusare più sotto, la' dove tutto sembra al suo posto: ci sono metastasi sane con tessuti in bugiarda baldoria e cancrene che non hanno infezione. E' li' che stanno ben mascherati gli invitati peggiori: si accomodano per anni alle tavole oneste rubando, un sorriso alla volta, la vita del padrone di casa.