Tre Cento trentanove
Fai conto mi sia ammalata alle tre, aggravata alle quattro, che abbia perso coscienza di te mezz'ora dopo l'insopportabile aggravio, che sulla mia pelle si siano posate più mani, come lugubri falene a testare l'arrivo del buio. Fai conto che la ta vce non mi sia mai giunta, il cargo dolciastro e benevolo con cui mi chiamavi, che mai abbia riconosciuto le tue dita fra i fili e gli impiastri da cui doveva venirmi bugiarda la salute. Fai conto non ci siano mai stati un letto, un bacio, una parola, che solo passasti davanti alla mia vita, la porta socchiusa, come su altre cento e che sbirciasti distratto nel sonno la curva del mio bacino , che mai quella scheggia potesse ispirarti una casa.