Tre Cento trentatrè
Io scrivo cose semplici, in fondo io scrivo cose da tutti i giorni, le mie parole sono casual. Che c'è, dimmi, di complicato in un dolore, in una lavagna, in un lavatoio e in un osso? Niente, mi risponderai. Appunto, niente. Io scrivo di tavole apparecchiate dalla pena, di letti in piaga e di ricordi che intasano il respiro come tronfie tonsille in fuga dal bisturi. Questa è la capacità della mia mano: non ci si aspettino astrusità o artifici. Solo che tu stai dovunque ed allora là viene il difficile, che il tuo nome sta confuso alla tovaglia, alle briciole e al bacile in cui sputare il sangue. Perchè tu sei punta e fondo, freddo e giacca, malanno e medicamento e se potessi augurarmi vita lunga, mai mi vorrei più orizzontale di adesso, così, meravigliosamente allettata dalla tua cura.