Tre Cento undici
Io credo che tu mi rimprovereresti per
questa indolenza con cui mi accomodo
alla vita, mi diresti di togliere la mano
dal sacco in cui cerco una ragione che
si accordi alla mia pelle, di portarla
sulla pagina e fare una tangente o
una secante, qualcosa che la urtichi
od operi un bel cesareo nel suo gesso
orizzontale e muto. Perchè in fondo io
e te sappiamo che le parole stanno
là sotto, come imboscate in un lenzuolo,
tutte l'una vicino all'altra a fingere di
dormire, le gambine stese su cui
rimboccare il punto. Noi sappiamo quante
notti vanno usate per fare la mattina
piena della loro insonnia e come cucirne
i lembi fino a quando siamo nudi abbastanza.