Tre Cento venticinque
Anche io dovevo esibire un filo di
perle alla gola, agitare lievemente
e per dissenso la coda di capelli,
l'educata puledrina faccia a faccia
della nuca sempre bianca. Dovevo
vestire di merletto, bottoni seriosi
a guardia dello sterno, la vita in
risalto, come mi avessero stretta
abbastanza da imprimermi un sigillo,
una reliquia nel busto, un fossile
nel torace. Invece i miei capelli
sono una corona di spine, vanno
a dormire irti e si svegliano appuntiti,
di notte ispessiscono la buccia.
Se mi osservo so che in fondo sono
questo: una croce con gambe e
braccia come pali, pochi nei per
chiodi, la vita piantata in basso
e sopra tutto il cuore steso,
e condannato.