Tre Cento ventinove

A volte è di lunedì, a volte di sabato:
non importa, ciò che conta è che ci provino.
Mi imbandiscono come una tavola, fanno
attenzione ai dettagli, a non importunarmi
la faccia di briciole. Poi tirano una linea lungo
i miei crinali e si interrogano sulla tana
dell'infezione, sulla posa del morbo, sul sesso
della macchia in cova perenne. Li vedo arrabattarsi
in supposizioni dell'ultima ora, curcciarsi sulla
direzione e l'incrocio. Ed è forse quello l'unico
istante in cui tutto il mio malanno si cura, quando
li sorprendo naso all'ingiù e testa pensosa, a
stanarmi il difetto,la pena di cui sono composto
ventriloquo, mentre poco più in là, dove credono
niente sia storto, già cresce gibbosa una forma
dolente. Quella che domattina, rinforzate le
gambe e disossata dal sonno,
impersonerà  il mio nuovo dissesto.