Tre Cento ventiquattro
Non mi vogliono i frassini, le liste
di cipressi a bordo camposanto, sono più
indigesta di sughero e corteccia, rigurgito
per qualsiasi fame. Un bolo infinito,
sapore che non trova casella.
Non mi vogliono nè il chicco nè la pula,
sono scarto o seconda scelta.
Niente mi vuole per come voglio io tutte
le cose, così, fino all'osso, senza dimenticarne
o sprecarne niente. Mie più del sangue,
della carne stessa,della stazione dei
tendini, del decumano dei peli. Io so
volere solo così, fino a sfinirmi.
Invece sono voluta come l'ospite di
passaggio: mi accomodano sedia e
pietanze ma mentre mi sorridono e
servono, bramano l'ora in cui andrò.
Non mi vogliono e questi tessuti li
sfiorano appena e nemmeno ricordano
che odore facevano, se di caldo,
o di buio.