Veleno amaro
Dopo un acquazzone e lungo il meriggio,
corre veloce il vento
a dividere i nembi dalla luce.
È tempo forse di tornare,
la primavera sta alle porte delle case,
goccianti d’ombre sono le grondaie,
sull’erba tra i sassi,
un tintinnio tenue cade,
poiché il ghiaccio ha lasciato ormai la sera.
Gli attimi da portare con sé sono fragili,
per via, di ritorno dal lavoro,
d’amore sentire poi un usignolo
non è solo un anelito,
poiché scambiano i loro sentimenti,
gli uccelli mentre stringono le piume calde,
su rami di pini carichi di giorni.
Sono immagini che non so più vedere:
dove è il mio cuore?
In città, restano sudori e speranze,
spogli di strenui ricordi,
come dame che vestono sgraziate,
eppure se potessi sperare,
scostando un po’ l’età con la mia mano,
non basterebbe a stendere parole,
il bianco nel finire un foglio.
Gli occhi s’annebbiano,
nel gustare assai un amaro veleno.
(bruciata la pausa, bene si scrive e si mangia).