Venere
Raschiava la betulla
sul carmine genocidio
volavano piccole eliche
rotolando
sulla striscia di sangue
lordo di pensieri devasti
schegge impazzite
rotondi lacci
strinsero polsi leggeri
fragili garretti
di daini impauriti
tra le froge ansimanti
la nebbia
se sale ottusa
regala pazzia all'anima
rotta
data
e tolta
ma
il melangolo
sprecò aromi
tappeti di viole antiche
sullo zucchero candito
messaggero di sensi
ardente ancora
sulla punta delle dita
perle di messe
mature di profumi
portammo il canto
sul colore e sulla cenere
ma
Venere nasceva
tra i fiori caduti
gelati di grandine
rosati tappeti,
cemento accogliente
impresso di olii
di mandorle amare
senza dio
e ormai senza più stelle.