Venosa

Amo. Odio e Amo.

Ammazzerei il presente
per ritornare indietro nel tempo.

Odio:

palazzi, strade affogate da tante luci,
il frastuono invadente
dalla popolata confusione
anima della mia solitudine.

Amo:

l’antico, le piazze, il castello,
il campanile e le campane festose.
Il mio quartiere, le case, i cortili e
le viuzze chiuse che muoiono nei portali
e vivono oltre…
La genuina semplicità della gente,
l’andare randagio del cane,
il razzolio delle galline
sotto il misterioso e magico firmamento
prodigo di notti quiete,
le stradine mezze buie,
i raggi delle poche luci riflessi sul selciato.
Guida sicura dei passi lenti e cadenzati
nel primo mattino.

Amo:

il sole cocente, il vento arido del Sud,
la pioggia che scende sul paese in lacrime,
la candida neve mentre trucca il volto di casa mia,
i balconi fioriti di gerani penzoloni variopinti,
la mia gente umile e laboriosa anima di quei luoghi.
Gente di paese semplice e prodiga di calore,
con il loro costume di vita che conforta e rafforza.

Amo ancora l’aria d’ottobre vaporosa frizzante delle cantine,
il sapore del pane arrostito al focolare del frantoio
e il suo profumato olio giallo‐verdognolo.
Quanta tristezza oggi che quei sapori sono invecchiati
e ringiovaniscono solamente nella mente
alimentata dal desiderio del cuore
e dalla festosa e nostalgica gioia
di rivivere quei tempi sempre più freschi nei pensieri
man mano che il tempo avanza.

Quanta tristezza al ricordo di quel tempo che non vive più!
La sola idea mi fa soffrire!
Il solo pensiero mi fa morire!
Quasi, quasi morirei.