Vento d'Aiace
Vento d’Aiace che mi riporti quest’Estate?
Ti porto il respiro del pino piegato ed il canto della prodiga cicala,
lo schiocco del cinghiale signore del regno animale
e il sospiro del cacciatore che l’attende per lunghe ore.
Accolgo il salto dell’alice disperata, braccata dalla spigola spietata,
ti reco l’aroma del mirto e del biancospino
del monastero aulente e antico vicino.
Là dove il rivo scorre sonoro
ho rubato la spuma per fartene dono,
perché tu sei amante fidato
né in vita mi sei mai mancato
tornando fedele col grano dorato
per aprirmi il cuor che ogn’or m’ha amato.
Tu sei il figlio del bosco e del mare
il cui pianto non puoi più obliare
e d’Aiace la Rocca possente hai eletto
quale scrigno d’un cuore fidente.
Un altro, un dì, m’amò parimente.
Maestro d’ascia, conoscitor dei venti,
il nome suo antico ed or obliato
è impresso nella volta del cielo stellato.
In terra spregiato qual cencio lordato
resta tra l’onda inciso e rammentato
ché a lungo l’impresse con onesta lenza
in perenne tenzone per la sopravvivenza.
Cesare caro, dileggiato Mondolo,
con te, Nello, appartiene al perduto mondo,
che il vento dell’Averno rinnova nel ricordo
finché rimanga chi n’oda l’accento nel precordo.