Vissi felice, e ancora (prosa)
(vita vera all’ interno di una famiglia)
Nacqui in un giorno di sole
quando i suoi raggi
portarono luce a quella finestra
che dava sul cortile dell’ ospedale.
Mamma rimase senza parole
nel senso più veritiero del termine
per più di due anni
non riuscì a parlare,
forse colpa
di una gravidanza difficile
o di un parto gestito male, chissà...
Iniziò così il mio difficile intento
d’ inserirmi in quella famiglia
a cui fin da subito,
avevo portato sconosciuto dolore.
Oh so bene che nel poi
non sarà così,
ma sul momento non capivo
la mia presenza
in quella nuova dimora.
Nonna e le zie
aiutavano alla ben meglio
mamma al mio accudire, sebbene
non fosse certo alle prime armi,
già due fratelli avanti a me
avevano scaldato il suo cuore...
È difficile ancora il mio dire
se fossi atteso, o la mia, solo
un’improvvisata del beffardo destino.
Però come spesso, allora, si diceva
dove si mangia in quattro
lo si può anche in cinque
È in tutto questo la summa
dei miei primi anni,
di una vita fatta sì d'amore
ma dalle mille sfaccettature
come fossi stato un diamante
di scarso valore,
seppure di una lucentezza
che scaldava
l'anima e il cuore...
Crebbi fra due fratelli
in alterne vicissitudini
ma in amore è stato il percorso mio
di fanciullo e ragazzo.
Uno di loro, era e ancora lo è
l’idolo mio
a cui inizialmente volevo somigliare
anche se poi pian piano ho capito
che giustamente
ognuno ha un proprio cammino
da percorrere in questa vita,
fatta di esperienze
e di interiori ricerche...
L’altro invece, vista l’età
per molto tempo
è stato al mio fianco
sia come fratello
ma anche come amico e confidente,
oltre all'essere
il mio imperioso Kirù,
quell’ombra che senza farsi notare
mi proteggeva dalle scelte sbagliate,
è così che la mia integrità interiore
è sopravvissuta
a ogni cambiamento.
Poi, ho conosciuto
l’altra parte di me,
anche se fin da subito
non ho compreso
l’impatto che avrebbe avuto
sulla mia vita,
per me scioccamente
era solo amore,
quell’amore che ti scuote le membra
fino a condensarsi
nel più profondo del cuore,
così dirompente da cambiare letteralmente
la mia vita, dando finalmente
una svolta
al sentirmi completo.
A volte però, la vita
ci serba destini amari,
e proprio quando l'intimo mio
in coppia con lei
scalava i successi del viver felice,
dopo pochi mesi
avermi accompagnato
all’altare, mamma
una sera di fine novembre
se ne andò,
lasciandomi senza parole,
proprio come a lei era capitato
quando io nacqui
in quella calda estate,
in un felice giorno di sole
che da allora si nasconde
dentro di me
quando mi rammento di lei...
Oh vita che tutto doni
e molto togli a noi
che schiavi siamo del tuo incedere
armonioso nella sola emozione
ma pure nel ritmo del tempo
che scorre in clessidre di vita,
tu vita che mi conosci
da molte stagioni
e ti diverti a farmi girare
su di una giostra
al vento delle passioni
senza che io possa scendere
fosse solo per riappacificarmi
con l’io più interiore
fatto di verità e brame.
Lascia ch’io sia più partecipe
al percorso
ancora da intraprendere
verso l’ignoto,
laggiù, dove ogni mio desiderio cresce, come la voglia
di condividere quella via
che mi vide nascere in lei...
Anni più tardi,
quella stessa esistenza
mi fece dono di te, caro amato figlio
d’una gioia così grande
da non saperne misurare il bene,
tanto è prezioso
quel tuo essere parte di me.
Ecco che in me, avevo raggiunto
la quadratura del mio cielo,
io lei te e l'appagato
ricordo di coloro
che ambivano ad amarmi
solo per ciò che ero,
un uomo forse degno
nel suo cammino
così tanto bramato e mitizzato
da quel giorno di un giugno lontano...
Ahimè il fato a volte mette radici
anche dove la roccia è più dura
e coriacea,
fu così che babbo, in una notte
di febbraio
nel bosco si perse
disgregando in noi
la convinzione di una realtà felice.
Fu solo l’inizio di un nuovo calvario,
e dopo aver gridato al miracolo
alla mattina seguente
quando egli dal bosco
ne uscì redivivo,
cadde in quel che
a una prima fallace diagnosi
divenne Alzheimer,
parola che tuttora
mi inquieta e mi reca timore...
Furono anni difficili,
quando anche l'incomprensione fraterna
gettò le basi nel seme
della discrepanza.
Spesso chi ama, pretende amore
anche quando non si è più capaci
di comprendere il falso dal vero,
e tanto meno capire gli sbagli
fin lì commessi.
Fu un triste periodo, di distanza
frammista a quel sentore di famiglia
che diversamente dal solito
covava tra le pieghe
di negate parole...
Difficile dire chi fosse nella ragione,
forse perché in realtà
non v'è mai unitaria ragione
a scapito dell’intera posta…
per lo più come la verità
anche la ragione frammenta
il suo credo in minuscole
particelle di famiglia,
così piccole e delicate
ma anche così superflue
se non utilizzate a fin di bene.
Furono anni di scelte sagge
e altre certamente meno,
di mosse ponderate
e altre assai avventate
ma tutte dettate da quel cuore
che fortemente credeva
nella famiglia.
Arrivò poi, anche il momento dell’addio
a un padre malato,
minato in sé dalla malattia
che devastava anche chi
gli era accanto.
Furono momenti di dolore
e rimpianto,
attimi rimasti forgiati
in quell’unico cuore
di benevoli fratelli.
Tutto tornò, come il tempo
a scorrere nei legittimi contesti
della famiglia,
coesa e condivisa
fra i vari componenti.
Finché ancora una volta, quell’odioso destino
non distribuì dolore inaspettato.
Come un fulmine a ciel sereno
il mio, il nostro Kirù
ci lasciò in un pomeriggio di aprile,
stroncato da quel cagionevole cuore
che in sé, niente aveva dato segno
in malattia o problematiche varie...
Ancora dolore,
ancora lacrime amare
da deglutire nel coraggioso affronto
a una vita spezzata all’improvviso.
Ancora adesso che scrivo
con mente ferma
non riesco a pensare
a quei difficili momenti
fatti di dolore e rimorso,
senza tradire quella commozione
che sale nel petto, e fa male, davvero un male cane!
Oh vita, ancora una volta volgevi altrove lo sguardo
e mi evitavi, come fossi stato
uno spurio senza nessuna famiglia,
come potrei dimenticare
quegli attimi strappati dal vento
così maligno, da sembrare
tormenta su di me,
oh vita però non sai che colui
di cui mi privasti
in cuor suo aveva un motto
che nel tempo ho fatto mio
senza temer tempesta
Fu allora che ti piegai
oh vita al mio bisogno
immenso era il sogno
che ancora coltivo in me,
l’abbracciar il fratello mio
un dì che verrà…
Ma tu, fiera carnefice
della mia esistenza
ti prendesti ancora
un’altra parte di me,
l’amata sposa del fraterno congiunto
gettando nel caos
nuovamente la famiglia.
Era forse destino
era sicuramente scritto
e niente si poteva fare
se non l’accettare il fato avverso,
ma lei, donna dalle mille energie
fece in tempo a trasmettermi un po'
della sua dote, quando poco prima
anch’io fui derubato
della tranquillità,
deturpando le mie certezze
con un nuovo evento.
Fu per me scioccante
apprendere della leucemia
che minava l’allora mia vita,
come un avvoltoio
prendesti posizione
sulle mie spalle,
pronto a scalfirne le carni
a un solo ordine del fato.
Non ti ho mai perdonato
questo tuo ardire
e mai lo farò, poiché so bene
che non sono il solo
a soffrire di tutto ciò,
tu odioso destino
che colpisce nel mucchio
senza far caso alcuno
di chi ha già dato di suo
come famiglia,
stringesti a te, i lacci della borsa
sottraendomi quella serenità
tanto preziosa
a lungo ricercata in chi
mi viveva accanto.
Chi può dire ora, chi abbia vinto…
e se davvero ci sia un vincitore,
da quel tempo a me ostile
ho costruito le basi
coll’ardire di percorrere a lungo
il mio cammino,
fatto sì di acciacchi
e scherzi del destino
ma anche di continui passi
verso l’ignoto,
poiché nel tempo io vissi felice
e tuttora vi vivo.
© Saverio Chiti 23 gennaio 2023