Vuoti e Inchiostri
Sincero il mio riflettere che m'appella
"fratello d'una poesia troppo antica"
a me rivela ancore appassite
nei meandri d'una penna irrequieta.
Ho imparato i primi versi affacciato
sull'insicura via di un giovane orso
ed ho accolto il primo moto di rima
nel disordine dalla normalità imposto.
Poi ho baciato le frasi del trapassato
al tempo affidate sotto polvere gialla
custodite con inchiostri sempre nobili
eppure scherno di chi spostava la mia aria.
Cosi ho amato la tana e l'incomprensione
ed ho vestito di strani carnevali
le strofe nate come da rantoli
scritte con vuoto, enigma e inchiostro.
Eppure oggi, quando ride l'incredulo
e pone derisione su pagine nascoste
o quando la metà di una vita
calpesta l'intento dietro il tormento,
io sorgo vecchio saccente e poeta
beffando l'inutile secondo lanciato
in sguardi vuoti dell'iride
in vacue parole senza vocali.
Intrepido nel coltivar lontananze
dall'effimera lirica e universale
capace di morire ad ogni alba
nel torbido ascolto d'un udito pagato.
Ancora poesia nelle mie stanze
quella utile a sugellar inquietudine
ancora poesia che chiude gli occhi
del sonno dimentico ma per gustare
il nettare d'un suono distorto
covato dalla parola stramba e viva
che prepara l'anima di dubbio
prima di svelare l'effetto
fatto di vuoto, enigma e inchiostro.