58 barrato
E aspetto. Per aspettare aspetto, chi si muove? In effetti mi muoverei anche, andrei laggiù a vedere quel negozio che sembra interessante, bella vetrina dove scorgo tra la miopia un paio di stivali niente male, ma sono sicura senza dubbio alcuno che se solo provo ad allontanarmi dalla fermata il bus si affaccia, spia la mia distrazione si fionda velocissimo apre chiude e sfreccia via. Ma no, non credo veramente che esistano cugini del MaggiolinoTuttoMatto o fratelli incogniti dei Transformers…è solo una legge metropolitana: quando ti sei limato a puntino gli zebedei e hai il solcato il marciapiede su e giù meditando impropreri apocalittici da riversare sul conducente sempre innocente, al primo segno di distrazione…zac! La nuvola fantozziana sempre in agguato sta, bisogna vigilare. Quindi niente stivali, tanto per quanto ne vedo potrebbero anche essere fatti di pongo. Gli occhiali li lascio a casa ovviamente, seguendo la teoria che “meno li metto, meno peggioro”. Tutto bene, ancora il colore del bus lo riconosco, il numero un po’ meno ma è un dettaglio…poi se mi ritrovo a BorgataFidene invece che al Colosseo che fa? Una piccola gita imprevista.
Penserete che sono filosofa o sciroccata, un po’ tutte e due, altrimenti come credete si sopravviva a Roma in tanti milioni in pochi chilometri quadrati, tutti di corsa senza posa coi servizi pubblici azzoppati e il traffico che ormai è diventato cittadino onorario? ‘Ma prendi l’auto, cosa aspetti ancora il bus? Puoi svicolare, aggirare…il traffico si evita!’….sento aleggiare sulla mia testa questo saggio consiglio. Beh, sappiate che quando ti ritrovi a giocare a Risiko on‐line col vicino di finestrino sul Lungotevere perché più avanti c’e’ una manifestazione di protesta dei dervisci volanti o arrivi a metà Salaria ferma immobile bloccata tra il guard‐rail e un cubo‐suv di otto metri per otto e non ti rimane altro che inviare tuitti disperati che nemmeno un fringuello ingabbiato in calore, allora giuri e spergiuri che prenderai per sempre il treno il tram il bus la metro il risciò! Anche tutti insieme basta che non ti facciano più passare altre ore solitarie incolonnata senza speranza.
E poi i bus passano, cosa credete. In alcuni giorni e determinati orari puoi anche portarti l’asse da stiro e dare un appretto a qualche camicia, ma per il resto passano. Per carità, ce ne sono…sennò chi si caricherebbe le mandrie informi che fuoriescono dagli istituti scolastici medio‐superiori verso l’ora di pranzo? Tu stai lì in piedi vicino all’obliteratrice bella larga e serena, tanto da chiederti come mai tutto questo agio, che vorresti occupare più spazio ma mannaggia sei magra, ti giri e scorgi in avvicinamento una fermata dove drappeggiano e vagano gruppi umani scuri e imprecisati. ‘Che ci fa il Quinto Fanteria al Flaminio?’ è il tuo primo miope pensiero. Poi realizzi che ora è, hai un mancamento: non sono fanti, è l’intero liceo psicopedagogico dietro l’angolo che vuole salire! Istintivamente ti guardi intorno per trovare un rifugio una nicchia uno sportellino un buco! Poi la natura coraggiosa e l’inevitabilità dell’assalto prendono il sopravvento: ‘e sia! offrirò il petto al periglio e se gli dei vorranno troverò fine gloriosa su codesto suolo!’, pensi scrivendo intimamente ‘l’Epopea del 58barrato’, cercando di rimanenere stoicamente abbarbicata al palo mentre la fiumana adolescente avvinghia a tenaglia il mezzo. Dopo spintoni e assestamenti l’invasione si placa, lo spazio libero si dissolve, il brusio sale, ma con un po’ di buona sorte la battaglia è vinta! Magari ti ritrovi spiaggiata sui gradini di uscita e non più nei pressi dell’obliteratrice, ma fa niente. Aver scampato lo scontro con qualche zaino volante carico di storia‐sociologia‐inglese val bene uno spostamento imprevisto. Scendi alla tua fermata come un generale romano dopo aver sconfitto gli Unni e ti avvii gloriosa a raccogliere il meritato alloro: un caffè al bar.
A volte invece lo spazio rimane largo ed agevole, tutti già lavorano, studiano o sono a destinazione, tu hai preso il bus più tardi o più presto…insomma, senza tanta compagnia. Allora sì, ti siedi e ti aggiusti tanto non hai fretta, oggi puoi fare la turista. Osservi il ponte, i gabbiani, gli alberi alti che corrono fuori dal vetro, le frotte di turisti che in fila disciplinata attendono fuori dal museo, i gruppetti di pedoni che tentano la sorte sulle strisce…meraviglia! Certo, può anche capitare che l’autista avendo fretta, con scarso carico e nullo intralcio si getti senza freno giù per discese e curve tentando di sfondare il muro del suono, tanto che tu non riesci a distinguere Castel S.Angelo dal Vittoriano, ma che corsa magnifica! PiazzaGiorgi‐Vaticano in sette minuti netti! Quasi quasi ti viene da mandare un sms di registrazione al Guinnes dei Primati.
E’ inutile, per me il bus ha un fascino tutto suo…quelli di una volta poi! Belli verdi prato, di gelido metallo forte, solidi e rigidi come blocchi di titanio: che suono lasciavano nell’aria lanciati a velocità sostenuta sui sampietrini! Vivevo l’ebbrezza di una disintegrazione imminente ogni volta, in uno scontro titanico tra ruote ruggenti e lava basaltica! Gli ammortizzatori da un pezzo persi per strada non impedivano il mio disallineamento vertebrale e la schiena invocava un busto ortopedico di supporto, ma che gioia! Alla discesa con caro saluto della mano congedavo il mezzo pubblico disossato che si allontanava…qualche cinico scambiava il dolce gesto per insulto oltraggioso, ma il solo affetto me lo ispirava. Bei tempi. Lo so sono nostalgica, ognuno ha i suoi difetti.
Si possono fare anche incontri interessanti sul bus. Certo, il più delle volte ci si limita a squadrare i compagni di trasporto, raramente sfidandosi ad occupare il raro e ambito posto a sedere. C’e’ chi mostrando un impeto condottiero ti ciancica e calpesta per conquistarsi il meritato scranno, ma il più delle volte i contendenti inscenano il diplomatico teatrino dei “prego sieda lei ‐ ma no si figuri – grazie scendo presto – io sono già sceso – ma la vedo è ancora qui – è solo un’impressione le assicuro, non ci sono più” finchè uno dei due cede per mancanza di obiezioni. La gentilezza innanzitutto.
Capita di scambiare commenti, intavolare discussioni, assistere a conferenze, ascoltare comizi, fondare partiti. Un mondo. Davanti ad un ingorgo generato da un arrogante parcheggio in doppia fila: “capo, passaje sopra! – scendiamo a spostarlo nel cassonetto? – chiamate i Nocs!”; transitando sotto palazzi di governo: “al confino! – col monopattino, altro che auto blu – non c’ho più ‘na lira!”; senza motivo apparente: “ oggi mi fanno male i calli – ci sono sempre più uragani – mi si è allagato il bagno”. I silenzi però non sono assolutamente da temere, ve lo assicuro. Ormai già da qualche anno non rimango più in balia dei miei angusti pensieri e mentre rifletto su cosa cucinare per cena, broccolo o ceci, alle mie spalle risuona improvviso un temibile motivo western: Clint Eastwood è qui e mi sfida a duello!?!?! In effetti no, è una delle tanto originali suonerie telefoniche che allietano muffi viaggi monotoni, mica vorremo privarci di tale indispensabile compagnia?!?! Ancor più utili sono le private conversazioni altrui: “Mamma? Si, sto andando all’università…no, non ho ancora mangiato…sì che ce la faccio …non sono deperito mamma, sto in formissima…va buono, mi prendo subito qualche cappuccino. La soppressata no, non ce l’ho dietro…sì mamma, lo so che nutre. Non preoccuparti, non svengo…non mi preparare lo sformato di maiale, ne avanzo due teglie in freezer…sì va bene ne mangio una stasera…sì poi ti chiamo…ciao mamma, ciao”: a occhio un fuori corso da un paio d’anni.
<Vietato parlare al conducente> recita pedante la targhetta avvisatoria. E io gli parlo lo stesso guarda un po’, sfido la legge. Magari sto sbagliando strada, mi serve un supporto logistico, voglio un consiglio esistenziale…non sono importuna, ho necessità. Il conducente poi è novanta volte su cento molto cordiale, il restante dieci molto esaurito. Allora sì, meglio rispettare l’ordine del silenzio, lasciandolo alla guida con la sola compagnia di un paio di cellulari muniti di auricolare. Dopotutto deve destreggiarsi tra percorsi spesso inesistenti e cunicoli generati da soste selvagge, serve un minimo di concentrazione. Come ogni volta che sta per arrivare in quella via stretta con curva a gomito sempre asfissiata da grappoli di motorini e microvetture, lo spazio laggiù si fa piccolissimo, ma tutti sul bus siamo convinti che lui, il conducente espertissimo, ce la farà. Ce la fa sempre, abbiamo una fede inossidabile nelle sue capacità, chiunque egli sia. E’ quel misto di esperienza e fatalismo proprio della categoria che ce lo mostra sicuro eroe…si potesse aprire una scommessa seduta stante sul predellino le quote sarebbero stracciate. Infatti spedito e netto si infila nel pertugio lasciando pochi centimetri per lato, sterza scarta supera e vittorioso arriva alla fermata dove morbidamente si adagia. Standing ovation!!!!
Eh sì…amo il bus. E aspetto. Stasera un po’ troppo però…un attimo! mi sembra di scorgere qualcosa in lontananza ma non vorrei illudermi…eccolo sì, finalmente sta arrivando! E’ il 715 o il 775? Dov’e’ il numero? ah sì, scritto a penna su un foglio protocollo appiccicato al vetro. Ma insomma è lo stesso, intanto salgo altrimenti qui sul marciapiede ci prendo la residenza, poi come diceva mia nonna…Dio provvede!