A mille ce n'è.
Mi ricordo quando ero piccola piccola. Mia mamma mi faceva ascoltare un disco che cominciava così: "A mille ce n'è.. nel mondo di favole da narrar.. da narrar".
Quella canzone mi scombussolava fino alla punta dei piedi.
Era come se mi aprisse la porta di un mondo incantato e che non poteva che incuriosirmi, appassionarmi. Più della nutella nascosta sopra al frigorifero.
Poi una voce si metteva a raccontare di intrepidi spazzacamini, di splendide regine e di orchi famelici.
Io rimanevo lì, in silenzio, ad ascoltare e a guardare il giradischi.
Intanto mi mettevo a meditare sul perchè non riuscissi a introdurmi di soppiatto dentro a quella porta, diventando favola anch'io.
Mi chiedevo come fare ad avere una vita da favola.
Doveva essere davvero meravigliosa, entusiasmante, qualcosa che devi in tutte le maniere provare. Era una questione di volontà? di coraggio? di altezza? di follia?
Forse c'era un trucco che io non conoscevo ancora.
E un giorno mi decisi, dopo aver indossato il mio completo da principessa delle favole.
Scavalcai la finestra, montai sopra un balcone senza guardare di sotto, mi arrampicai su un cornicione e raggiunsi il tetto.
A dir la verità fu molto più facile di quanto si possa immaginare.
Niente di così sorprendente o rischioso, visto che ero solo al secondo piano e il tetto in questione era poco più su della mia finestra.
Però arrivarono comunque i pompieri a salvarmi.
Come nella migliore tradizione delle favole, i buoni aiutano i buoni, e i pompieri erano indubbiamente buoni e gentili.
Dopo quella volta, mi convinsi che tutte le favole hanno purtroppo un prezzo da pagare.
Da allora non è che le cose siano tanto cambiate.
Ho ancora avuto modo e voglia di scavalcare finestre, salire sui tetti, toccare il cielo con un dito.
Devo ammettere che lo faccio ancora e credo che lo farò sempre.