Anche la Befane, nel loro piccolo, a volte si…
…Mirko entrò in casa e accese la luce, ma quella subito dopo si spense; passarono alcuni secondi e si riaccese da sola.
L’alquanto strana intermittenza continuò per diversi minuti, mettendo in agitazione il ragazzo; alla fine l’illuminazione tornò regolare e lui si tranquillizzò, ma non si accorse che la caldaia nel frattempo era andata in blocco.
Era stanco e aveva i vestiti impregnati di un sudore tardo‐ puberale; inoltre era reduce da una gara di braccio di ferro, in cui aveva, ad uno ad uno, abbattuto i suoi avversari, più con l’odore che con la forza.
‐Una doccia calda e veloce di venti, venticinque minuti al massimo e poi a letto.
Entrò in bagno e aprì l’acqua calda della doccia; nel frattempo si spogliò e, com’era solito fare, sparpagliò i vestiti con noncuranza nei vari anfratti del locale.
Un calzino finì nel water e lui, per evitare alla madre l’ingrato compito di recuperarlo, tirò lo sciacquone.
Compiuta l’operazione preliminare della svestizione, si fermò davanti allo specchio a rimirarsi.
‐Che fisico, che muscoli ragazzi! E chi sono io: Spartaco?
Passato quel momento di estasi estetica, si lanciò sotto la doccia.
Quando il getto di acqua gelida lo investì, lanciò un urlo, accompagnato da alcune parole che del mitico gladiatore ribelle avevano ben poco:
‐Mamma, aiutoooo!
…Manolo, dopo una lunga e devastante serata al Pub Occidentali’s Karma, rientrò a casa in compagnia dei suoi amici.
‐Namasté! Ci spilliano una birra? – chiese avvicinandosi alla macchinetta e facendo il gesto di congiungere le mani unendo i palmi con le dita rivolte verso l’altro.
‐ Alé! – risposero in coro i suoi amici, alquanto felici per quella bevuta extra.
Pose il bicchiere sotto la spillatrice, ma appena schiacciò il tasto di avvio, con una successione degna del miglior cortocircuito, saltò la corrente in tutta la casa.
Mimmo, uno degli amici presenti (pugliese di origine), disse:
‐Ue uagliù: NAMA STE’ du o scimaninn?
…Camillo, nel cuore della notte, si alzò dal letto e alla moglie, che nel frattempo, per quei suoi movimenti, si era girata verso di lui, quasi giustificandosi disse:
‐Si è accesa la luce di emergenza, vado a vedere il salvavita. E non è una scusa!
Che palle di uomo, pensò la moglie, una volta: “devo aver lasciato accesa la televisione”, un’altra volta: “ho sentito uno strano rumore in cucina”.
Tutto per non dire: “devo andare a pisciare”; ma cribbio abbiamo i migliori farmaci al mondo contro l’ipertrofia prostatica, e prendili!
Sono pure in fascia A, manco li paghi.
…Era tardi, molto tardi, doveva muoversi e anche in fretta, altrimenti sai quanti bambini sarebbero rimasti senza calza.
A voler guardare, pensò, ai bambini d’oggi stare un po’ senza calze non farebbe poi così male; e anche con poco cibo da mangiare, con poca legna, o carbone, o metano con cui scaldarsi.
Lei in quella miseria c’era cresciuta e non era certo morta di fame, tantomeno di freddo.
Subito dopo però visualizzò il volto dei suoi nipoti e quasi si pentì di quei pensieri.
Riempì il sacco con le calze in cui aveva posto il carbone, qualche sacchetto di caramelle e alcuni pacchetti di dolci e salì sul balcone di casa.
Una volta lì si mise a cavallo della scopa e si lanciò nel buio della notte.
Era in ritardo e cercò di accelerare la corsa, ma, per via della pioggia incessante, non riuscì a portarsi in quota: come solitamente faceva per ragioni di sicurezza e per godersi la vista totale del paese, che era l’unica cosa piacevole di quell’ingrato lavoro.
Si accorse troppo tardi della presenza di un cavo dell’alta tensione posto proprio sulla sua rotta a bassa quota.
Non fece in tempo a virare e l’esito fu devastante: l’effetto elastico del cavo la fece rimbalzare di alcune decine di metri.
Solo grazie alla sua antica esperienza riuscì a non perdere il controllo della scopa e in qualche modo ad atterrare in retromarcia senza grosse conseguenze.
Il sacco delle calze invece andò completamente distrutto, carbone, caramelle, dolciumi giacevano sparsi in tutta la campagna.
Il cavo dell’alta tensione dopo un lungo ondulare si ruppe e cadde a terra.
Sotto c’era un signore che stava facendo fare i bisognini al proprio cane; di solito usciva a quell’ora perché non c’era in giro nessuno e poteva evitare di raccogliere le deiezioni, così approfittava anche per buttare in giro qualche sacchetto dell’immondizia.
Il cavo colpì con tutta la sua scarica elettrica quel signore, riducendolo a un cumulo di cenere.
Al che il cane, che comunque non approvava il comportamento del suo proprietario, pensò:
“Giusto punire i proprietari di cani che non raccolgono la cacca dei propri animali, o chi abbandona i rifiuti; ma cazzo, qui stiamo esagerando!”
La Befana, ripresasi dal terribile rimbalzo e dal conseguente spavento, si lanciò in una lunga imprecazione‐riflessione sulla sua condizione.
‐ Se nasco un’altra volta nasco Babbo Natale.
Lui gira con le renne e la slitta, io con una scopa di saggina, che, a differenza di quanto pensa una lunga schiera di maschietti perversi, non è affatto piacevole e comoda.
Il fatto è che quando si trattò di scegliere il mezzo di trasporto avevamo tre opzione: la slitta con le renne, il tappeto volante, la scopa di saggina.
Babbo Natale scegliendo per primo prese il mezzo più comodo, allora noi optammo per il tappeto volante, che però risultò non essere ancora disponibile su Amazon.
Morale della favola ci toccò la scopa.
Ci offrirono la possibilità di avere, con un piccolo supplemento, la versione elettrica; c’era però un problema: dovevamo farci carico noi del costo della prolunga di cinquanta chilometri abbinata alla scopa.
Babbo Natale aveva ricevuto in dotazione: un vestito in materiale termico con pelliccia interna, cappellino trapuntato con fiocchetto e luci led esterne a intermittenza, guanti da montagna, grossi e pesanti scarponi con suola in vibram.
La befana invece che uscisse con quello che aveva, infatti lei nell’impatto aveva perso pure le ciabatte.
Per non parlare poi di come li dipingevano: Babbo Natale era più anziano di lei e tutti sapevano che aveva grossi problemi di salute, prostata ingrossata all’inverosimile, diabete, discreta miopia e pronunciata obesità: però lui doveva apparire in perfetta forma e in una canuta bellezza, fatta di una folta e fluente chioma, barba lunga e ben curata nel taglio e nelle linee, guance di un roseo quasi infantile, sorriso Berlusconiano.
Visivamente doveva richiamare alla memoria volti noti e rassicuranti, tipo: Ernest Hemingway o Kenny Rogers.
Le befane invece venivano dipinte vestite come delle sciattone (tipo Tomas Milian‐ Er Monnezza o Mauro Corona) e soprattutto brutte.
Beh proprio belle, considerando l’età, non erano; ma vestite bene, truccate e con qualche piccolo lifting avrebbero fatto comunque la loro porca figura.
E in quanto a malattie, a parte qualche dolore articolare, erano messe senz’altro meglio di quel panzone pelle di daino di Babbo Natale.
Per non parlare dei doni: lui portava il meglio che c’era sul mercato, e invece alla befana toccava portare il carbone.
…Riuscì a consegnare l’ultima calza alle ore undici dell’Epifania.
Il bambino aprì la calza e trovò solo carbone, allora alzò lo sguardo verso la befana e disse:
‐Ma allora è vero, come dice sempre il mio papà, che oltre a essere brutte voi befane siete anche stronze.
La befana si fece di marmo, non permettendo a quelle parole d’offesa di penetrarle l’anima; dopo quel momento di fredda impassibilità, rivolgendosi al piccolo demone disse:
‐Ah, quasi dimenticavo: ti ho riportato a casa il cane.