Antichità
Doveva essere una vita semplice, con intermezzi, preludi e lieti finali. Me lo dicevo spesso. L’idea che dalla propria vita si possa volere molto, come se si potesse viverne tante insieme, poi mescolarle, è l’input di questo mio pensiero, il motivo del suo nascere. A chi tocca poi mettere in ordine le cose? Esiste, o è esistito, un supremo giocoliere, qualcuno che con la vita, ignaro delle conseguenze, si diverte a creare strade. Quello che alla fine dei giochi si chiama destino, non è stato altro che l’ideatore di un inizio, l’inizio del percorso. Voi, noi, si è capitati in mezzo, messi al mondo per natura, chiamati a decifrare codici che altri in futuro codificheranno ancora per creare altri simboli per comunicare tra simili. Sentirsi parte di un universo, di un pianeta, di una città, di una stanza, del piccolo pezzo di suolo che si calpesta con la presunzione di sentirlo proprio, è forse l’unica cosa vera che ci appartiene. E me ne resterei così per ore ad ascoltare il cuore battere, mentre le dita muovono rancori e malinconie dal passato, vicina a un vivere giocondo che però ha dimenticato il proprio destino e se ne rammenta solo nel silenzio, poco che è, quando cala la sera. Una musica snella e violetta lucida il mio essere così imperituro, così eterno, talmente eterno da non dimenticare nulla.