Arriva la vita
Immaginazione o realtà? Ha poca importanza, quello che conta è che venga raccontato!
Ecco come non dovrebbe mai finire una gravidanza.
Manca poco meno di un mese al parto, lei ancora lavora e in ufficio non si fanno molti scrupoli.
È andata in tre banche diverse e per farlo ha dovuto prendere i mezzi pubblici, fa molto caldo e non si sente bene.
Dopo quella giornata rientra a casa, sfinita e, come al solito, completamente priva di appetito.
Proprio per cercare di convincerla a mandar giù qualcosa, la sorella decide di andare a comprare un po’ di gelato...
È appena uscita quando le si rompono le acque.
Inizia a piangere, in silenzio... non vuole che nasca, è presto e, soprattutto, non è pronta...
Inutilmente provano a calmarla... Il padre prende la macchina e la accompagna in ospedale…
Iniziano a farle il monitoraggio e la avvisano che manca veramente poco.
Non ha fatto il corso pre‐parto, il suo ginecologo non è reperibile... è in preda al panico...
Nella stanza con lei c'è un’altra ragazza, ha vicino il compagno ad assisterla, com’è giusto che sia, ma questo contribuisce a farla sentire più sola che mai.
La trasferiscono in sala travaglio e qui fanno il possibile per fermare le doglie, ma non c'è niente da fare... la bambina ha fretta di nascere... poco dopo le due, a sole cinque ore dal ricovero, è venuta al mondo...
I ricordi? Fuori c'era il temporale che lei tanto teme, con fulmini e tuoni... e poi il dolore... non tanto quello fisico, quello si sopporta e si dimentica facilmente, quanto quello interiore...
È stato tutto molto veloce... dopo il parto una mezzora trascorsa in corridoio, su una brandina e poi, finalmente, la portano in corsia...
Dorme circa un paio d'ore, poi la colazione, la visita del medico... si alza, chiama in ufficio per avvisare che non sarebbe andata... poi a casa per sentire se qualcuno sarebbe passato a trovarla...
La madre la avvisa che l'avrebbe raggiunta appena iniziava l'orario di visita... ed è stato così.
Si è presentata con una splendida rosa rosa... presa dal mazzo che le avevano mandato i suoi amici...
Conserva ancora la foto di quel mazzo di rose...
Erano ancora insieme quando arrivò l'assistente sociale insieme alla psicologa, erano lì per domandarle se era certa di voler tenere la bambina o se, piuttosto, non preferisse, vista la situazione, darla in adozione...
Nei mesi precedenti l'idea l'aveva sfiorata, ma in quel momento... dopo averla vista, toccata, stretta...
Era piccola… piccolissima... pesava un chilo e novecento grammi, una ranocchietta, un batuffolo di cotone, ma la vedeva bellissima e non si sarebbe separata da lei per niente al mondo... e meno male che non l'ha fatto!
È la sua vita, oggi!
Dopo tre giorni la dimettono e torna a casa... sola... il suo tesoro aveva l'ittero altissimo ed è rimasta in ospedale per oltre un mese...
Lei ha fatto avanti e indietro otto volte al giorno... sempre completamente sola...
Ecco il ricordo dominante di quei giorni: la completa solitudine, il senso completo e totale di abbandono.
Voglia di vivere zero, voglia di fare zero, voglia di costruire zero.
Non serve avere un uomo vicino per crescere un figlio, ma serve qualcuno cui aggrapparsi nel momento del dolore... e lei non ce l'aveva.
Ha dovuto fare tutto da sola, con l'aiuto immenso e splendido dei genitori e della sorella, ma era altro quello di cui aveva bisogno.
Non sono bei racconti, ne convengo, ma a volte serve a chi scrive per tirare fuori qualcosa e a chi legge per capire meglio.
Il ricordo di quella notte non l'ha mai lasciata, non ricorda altro che solitudine... nessun dolore, solo solitudine e senso di totale abbandono.
La voglia di essere stretta, abbracciata, coccolata.
Il desiderio di qualcuno che si occupasse non solo di lei, ma anche delle cose pratiche perché lei, completamente priva di forze, non ce la faceva.
Anche semplicemente andare all'anagrafe era stato un problema... eppure eccola lì oggi... ne sta venendo fuori...
Tutto alle spalle, o quasi...
Storia amara, come mille altre, meglio di mille altre addirittura, ma da condividere, perché non è giusto, non ci si deve mai sentire così soli, così completamente abbandonati, mai, ma soprattutto non dopo la nascita di una vita umana.
Il ricordo resta, fa sempre meno male, ma non può e non deve essere cancellato!