Aspettami nonna
Vomitava a strappi, senza riuscire a smettere, dentro il piccolo bagno al piano terra. Le sembrava di morire e in quei momenti le parole di sua nonna risuonavano in testa come una premonizione: <ragazza mia devi darti una regolata o affogherai nella tua merda> Sua nonna era l'unica persona di cui si fidava e a cui voleva veramente bene. Asciugò la bava acidula che le colava dalla bocca e cercò di mettersi a sedere. L'impresa risultò più complicata del previsto perché non riusciva a mantenere l'equilibrio, ed infatti cadde rovinosamente sbattendo contro il lavandino.
Stremata e confusa si lasciò andare e cominciò a ricordare, la sua infanzia, le sue esperienze, le promesse non mantenute e tutte quelle cose che si rievocano in quelle miserabili condizioni.
Da bambina la prendevano in giro per il suo aspetto paffutello e sua mamma aveva altro a cui pensare che ascoltare le sue lagne. Suo padre le aveva abbandonate appena lei era nata e la madre, da brava alcolizzata, si era attaccata alla bottiglia per sconfiggere la depressione. Dopo sette anni di botte e umiliazioni di ogni genere, un giudice aveva deciso di affidarla alla nonna paterna, unica persona che aveva a cuore la sua sorte. Furono gli anni più sereni della sua vita, immersa nella campagna collinare, lontana dai trambusti della città e con tanti bambini con cui condividere le esperienze tipiche di quell'età.
Il nonno era morto prima della sua nascita, gli zii e le zie abitavano in città e quando venivano a trovare la nonna non erano molto loquaci con lei. Solo lo zio Armando le voleva bene perché ogni volta che arrivava le portava un regalino e lei passava volentieri la giornata con lui. Le sue attenzioni e i suoi atteggiamenti affettuosi la facevano sentire bene perchè lo zio diceva sempre che un pò di ciccetta nei posti giusti erano una bella cosa per una donna. A dieci anni i complimenti fanno piacere e con il passare del tempo la bambina si lasciò conquistare dallo zio, finché una domenica pomeriggio di primavera accadde il fatto che avrebbe segnato la sua vita indelebilmente. Aveva da poco compiuto dodici anni e la bambina goffa e paffutella si stava trasformando in una bella ragazzina. Quel giorno lo zio arrivò a trovare la nonna accompagnato da un amico che aveva portato un regalo per la bambina. Si trattava di una camicetta e l'uomo le chiese di provarla per vedere come le stava. Così, mentre la nonna uscì nel pollaio con il figlio, lei salì in cameretta per cambiarsi e senza accorgersi di nulla l'uomo le fu addosso. Non capiva cosa stesse accadendo, fu paralizzata dal terrore. Quell'uomo le stava mettendo le mani addosso, cercando di farla sdraiare sul letto e le faceva male. Dalla gola salì un urlo che uscì dalle sue labbra con la forza di una detonazione, poì cominciò a chiamare la nonna e l'uomo la colpì violentemente in faccia. Sentì il gusto del sangue scendere in gola e le lacrime inondargli il viso. Il suo aguzzino continuava a dirle di stare ferma e zitta, sarebbe stata una cosa veloce.
La nonna era nel pollaio con il figlio a prendere le uova, ma sentito l'urlo si lanciò verso casa. Lui cercò di trattenerla, ma la donna era scatenata; la sua bambina aveva chiamato chiedendo aiuto e il figlio si arrestò, comprendendo solo in quel momento l'abominio che aveva commesso.
La donna spalancò la porta della cameretta, quel bastardo stava violentando sua nipote e lei lo colpì brutalmente alla schiena con la forbice che teneva nelle tasche del grembiule. L'uomo inarcò la schiena e grugnì verso la donna che lo infilzò ancora, sopra una spalla. A quel punto lui cadde a terra urlando e bestemmiando mentre un fiotto di sangue imbrattava tutta la stanza. La nonna prese la nipote e la trascinò di sotto con lei e senza riflettere chiamò immediatamente i carabinieri, chiudendosi poi a chiave in cucina. Dopo circa quindici minuti arrivarono i militari. Alla loro vista la donna uscì dalla cucina e corse loro incontro, era agitatisima e faticava a parlare; uno dei militari cercò di calmarla con tono pacato.
"Si calmi signora, siamo qui noi, ci spieghi cosa è successo" Lei indicò il piano superiore, c'era un uomo ferito che aveva violentato la nipote, dovevano arrestarlo. Due dei quattro militari salirono con cautela a controllare mentre il terzo stava chiamando due ambulanze.
"Adesso entriamo, tra poco arriveranno i soccorsi, la ragazzina come sta?"
Sembrava assente, non terrorizzata, completamente assente. La nonna cercò di scuoterla da quel torpore.
"Come stai bambina mia? Ci sono io a proteggerti non ti preoccupare, quel mostro non ti toccherà mai più"
"Temo che la signora abbia ragione maresciallo" Uno dei militari stava scendendo le scale "L'uomo di sopra è morto" Il maresciallo si girò verso la donna che adesso sembrava terrorizzata.
"Morto? Come? Io l'ho colpito ma non volevo ucciderlo... Anzi, ben gli sta, così impara a molestare le ragazzine, quel porco bastardo"
"Signora si calmi, stia tranquilla. Rischia di peggiorare la sua situazione se fa così"
"Maresciallo presto, venga a vedere fuori" chiamò nel frattempo il carabiniere che era all'esterno ad attendere le ambulanze.
Si era impiccato con una corda attaccata ad una trave di legno.
"E' mio figlio Armando. Era arrivato con quel maledetto, era qui, vivo, ho sentito mia nipote urlare e sono corsa da lei. Poi siete arrivati voi..." e la donna scoppiò a piangere a dirotto.
"Basta signora, stia tranquilla. Spiegherà tutto con calma in caserma"
Le due ambulanze erano arrivate. Una dottoressa si prese cura della ragazzina e la accompagnò in ospedale per gli accertamenti. Il luogo fu messo sotto sequestro per completare le indagini.
Il processo fu un'ulteriore tormento per le due donne. Gli esami approfonditi avevano rilevato l'assenza di violenza sessuale sulla ragazzina, la nonna era intervenuta prima che si consumasse l'atto. Il giudice, pur valutando tutte le attenuanti e cercando di capire la situazione, condannò la donna a tredici anni di reclusione. Dopo vari appelli e nuove testimonianze la pena definitiva fu tramutata in otto anni di reclusione da scontare in un carcere alternativo, avrebbe affiancato degli incaricati in un centro di recupero per giovani recluse.
Alla fine del processo un cronista di un quotidiano locale chiese alla donna come si sentiva adesso e lei rispose fiera:"E' mia nipote, lo rifarei" Quelle parole si stamparono nella mente della nipote.
La ragazza era stata affidata ad una comunità per accoglienza degli orfani, tecnicamente lei aveva mamma e papà, ma lui non l'aveva riconosciuta e la madre era dentro e fuori dal carcere o dai centri di recupero.
La struttura, la gente che vi lavorava e persino gli ospiti erano il contrario di quello che lei immaginava.
Era tutto pulito e ordinato, tutto il personale era educato e gentile. I ragazzi e le ragazze che come lei erano lì per i piu svariati motivi, avevano una loro dignità e insomma, si poteva sopravvivere.
Fu affiancata da dei volontari e degli specialisti che la aiutarono a rimuovere il terrore e il disgusto verso gli uomini cercando di farle recuperare la stima in se stessa. Spesso piangeva, la mamma era quel che era, la nonna, unica persona a lei vicina era in carcere e gli uomini,bhe gli uomini erano uomini. Ma alla lunga riuscì a crearsi una sua personalità e dopo un paio d'anni di cure, in cui si era inserita bene in quel contesto, le fu permesso di recarsi a trovare la nonna.
"Bambina mia, sei diventata una splendida ragazza. Ti penso sempre e spero tu mi abbia perdonata, con il mio folle gesto ti ho abbandonata a te stessa. Come va la vita in quella struttura?"
"Benissimo nonna. Sai il posto è gradevole e ..." La ragazza parlò per tutto il tempo concessole dalle guardie, raccontando alla nonna tutto ciò che gli passava per la testa e la nonna si commosse fino alle lacrime.
"Tempo scaduto" disse la guardia.
"Torna a trovarmi bambina mia, io sarò qui ad aspettarti"
"Contaci nonna, verrò presto" e se ne tornò al suo mondo.
Il suo amico la stava ascoltando, lei quando partiva a raccontare era come un fiume in piena; inarrestabile. "E poi le ho detto che tornerò a trovarla. Ti ho mai raccontato di quando io e lei stavamo per bruciare la stalla?" "Dieci volte? Venti?" Sorrise lui. "Cretino, mi prendi sempre in giro" Fra i due c'era del tenero, lei quattordicenne che ne dimostrava venti, lui diciottenne che per problemi di droga ne dimostrava quaranta.
"Senti, domani sera abbiamo qualche ora di libera uscita. Ho saputo che organizzano una festa giù in paese e potremmo farci un giro, se ti va" disse lui
"Va bene, stavolta vengo anche io; ho voglia di divertirmi un po'" rispose entusiasta lei.
La festa era ben organizzata, ragazzi e ragazze avevano spazio per ballare la loro musica preferita e un paio di tavoli erano colmi di cibo e bevande.
"Aspettami che vado un attimo in bagno" disse lui che era alticcio.
"Va bene, io resto qua con delle ragazze che ho conosciuto adesso, ti aspetto" lei si stava divertendo ed era ancora una bambina sotto tanti aspetti infatti, quando lui riapparve dopo una decina di minuti, non si accorse di nulla. "Dai bambolina, la festa è bellissima. Ti sei bevuta qualcosa?" "Basta bere, ancora una bibita e mi piscio addosso" Rispose lei ingenuamente "Cazzo dici, io parlavo di roba forte, alcol" lui era partito.
Quella parola per lei era tabù. La madre alcolizzata, con tutti i problemi e le schifezze annesse, le aveva fatto rimuovere dal cervello quello che era collegato all'alcol "andiamo a casa, sono stufa" disse seccata "Cosa? Adesso viene il bello" "Andiamo, mi sono rotta" insistette lei
"Ma vattene a quel paese, io resto. Sono al massimo dello sballo e me la voglio godere" urlò lui.
Non se lo fece ripetere due volte e senza rispondere si avviò verso l'uscita del locale. Il loro centro distava un paio di chilometri da lì e lei era abituata a camminare, non avrebbe fatto fatica. Dopo pochi passi le si accostò una piccola utilitaria.
"Serve un passaggio?" Era uno dei ragazzi della festa, carino e gentile. Non lo conosceva, ma pensò di poter accettare un passaggio.
"Si grazie, vado al centro accoglienza orfani"
"Si, lo so, dai monta che andiamo" Appena salita si accorse che sul sedile posteriore c'erano altri due ragazzi. "Benvenuta bambolina" dissero sogghignando. Le si fermò il cuore.
Abusarono di lei come bestie, seviziandola, umiliandola e oltraggiandola in modo orribile. Dopo ore di nefandezze decisero che poteva bastare e la abbandonarono ai bordi di una strada, come spazzatura.
Era ancora buio, aveva dolori in tutto il corpo e tremava dal freddo. Si alzò in piedi, sforzandosi di camminare ma era impossibile. Doveva avere qualche osso rotto e i dolori lancinanti la fecero cadere a terra, poi perse i sensi.
Sentiva chiaramente l'odore tipico degli ospedali, non voleva aprire gli occhi per paura di trovarsi davanti ancora quei tre mostri, ma oltre all'odore udì il chiacchiericcio in sottofondo di due donne che parlavano di pazienti, orari di visite e dottori. Era in un ospedale, al sicuro e pian piano cercò di riaprire gli occhi. La prima cosa che vide fu il soffitto bianco come la neve e subito sua nonna le fu davanti al viso.
"Bambina mia, sono qui" Aveva dormito per più di trenta ore. Una signora che si stava recando al lavoro la mattina presto l'aveva scorta sul ciglio della strada e aveva avvisato le autorità che erano già alla ricerca dopo l'allarme lanciato dalla direttrice dell'istituto.Trasportata d'urgenza in ospedale era stata sottoposta ad una serie di interventi per rimarginare le ferite e sistemare le fratture. Inoltre fu necessario un intervento delicato per salvare i danni alle parti intime, i suoi aguzzini non si erano limitati alla violenza. Adesso era fuori pericolo, ma avrebbe dovuto passare un lungo periodo a riposo e sotto controllo fisico e psicologico, visto anche i precedenti. Sua nonna avrebbe pensato a lei.
"Tu, ma non sei in prigione?" faticò le pene dell'inferno per parlare.
"Ehhh ragazza mia. Lo dicevo che quel giudice era una breva persona."
attraverso una procedura d'urgenza piuttosto rara e visto le condizioni e la buona condatta della detenuta, alla nonna furono concessi gli arresti domiciliari con l'obbligo di accudire la nipote.
"E' fantastico nonna. Quando torneremo a casa?" Stava piangendo.
"Il prima possibile, te lo prometto" Ci volle comunque un mese prima che la ragazza fosse dimessa e nel frattempo la donna restò in carcere, poi dopo un mese furono accompagnate alla casa in campagna. Una volta sole si abbracciarono e scoppiarono in un pianto amaro.
"Finalmente a casa" sospirò la ragaza "Si, a casa" ribadì la nonna, che continuò "veramente non ricordi chi... insomma quei ragazzi"
"No nonna, non ricordo nulla, solo che erano in tre. Ora basta" discorso chiuso.
Il tempo trascorreva tranquillo, per l'anziana quella restrizione era insignificante: non doveva abbandonare la sua proprietà, cosa che tra l'altro faceva raramente. Nei mesi succesivi le guardie vennero poche volte a controllare e casualmente sempre all'ora dei pasti così da scroccare il pranzo o la cena. La nipote, ormai quindicenne, si era ristabilita piuttosto bene e cominciava a dare segni di irrequietezza tipici degli adolescenti.
"Dai nonna adesso sono guarita, fammi andare giù al paese almeno una sera" tutti i giorni provava a convincere la nonna che alla fine si rese conto di avere in casa una donnicciola e non più la sua bambina.
"Dai nonna, stasera in paese ci sono degli eventi in piazza, fa caldo e ci sarà un mucchio di gente"
"Va bene, prendi la bici e non fare tardi, alle undici ti voglio a casa"
"Ok, ma niente bici, passa una delle ragazze con il motorino" aveva già previsto tutto.
"Sei furba ragazza mia. State attenti e metti il casco"
Il paese era gremito di gente di tutta la zona. Gli eventi in piazza richiamavano sempre parecchie persone e lei, con i suoi amici, si stava divertendo un sacco. Faceva caldo e deciserò di sedersi fuori da un bar per bere qualcosa. Ordinarono tutti birra, anche le sue amiche. Lei con l'alcol non voleva averci a che fare ma in quel momento si sentiva come un pesce fuor d'acqua. Vada per la birra, pensò.
Era la sua prima esperienza alcolica e fu sorpresa nell'accorgersi di quanto fosse buona quella bevanda dorata. Le avevano sempre descritto l'alcol come uno dei demoni peggiori al mondo, mentre lei provava una piacevole sensazione. I ragazzi ordinarono un altro giro e lei li imitò, era euforica e voleva fare qualcosa di eclatante. Dopo la seconda birra l'euforia era già scesa a livelli vicino allo zero e cominciava a far fatica ad articolare le parole. Si alzò per andare in bagno ma le vorticava tutto intorno. Uno dei ragazzi vicino, vedendola in difficoltà, si apprestò a sorreggerla tenendola per un braccio.
"Non mi toccare! Lasciami!" Urlò lei "Nessuno mi tocchi, state lontani" Il ragazzo, visibilmente scosso, si rivolse a una delle amiche "Ma che le prende? E' impazzita?" "Lasciala stare, la accompagniamo a casa noi" rispose la ragazza. La cosa si rivelò piuttosto ardua, ad ogni curva e ad ogni minimo scossone lei doveva fermarsi a vomitare. Le ragazze capirono che in quel modo non sarebbero arrivate mai a casa. In due decisero quindi d farsi il resto della strada a piedi con lei, per poi essere recuperate dalle altre in motorino.
La nonna accorse in loro aiuto appena le vide dalla finestra della cucina.
"Si è sentita male, deve aver preso un colpo d'aria" farfugliò una delle amiche.
"Certo, un colpo d'aria. Grazie ragazze per avermela portata a casa e mi raccomando attente alla strada"
"Si signora, stia tranquilla"
Quella notte fu un calvario. Pensava di vomitare anche le budella e con le lacrime agli occhi spergiurava a sua nonna che non l'avrebbe fatto mai più, era stata uan stupida, solo lei le voleva bene veramente.
L'indomani avrebbe voluto essere su Marte, chissà quali scemenze aveva detto nel delirio alcolico. Affrontò sua nonna a testa bassa, ma lei non le fece pesare la notte insonne.
"Tutto bene ragazza mia?" Disse invece con naturalezza.
"Si nonna, tutto ok. E, senti nonna...ecco, volevo dirti scusa per ieri sera"
"Stai crescendo tesoro. La vita ti ha già riservato cose terribili, tutte cose però non dipendenti dalla tua volontà. Adesso devi maturare le tue esperienze e camminare con le tue gambe. Io ti sarò sempre accanto, ma il tuo futuro dipende da te" Si abbracciarono come facevano spesso, un gesto spontaneo che le legava da sempre. "Grazie nonna, ti voglio bene" "anche io tesoro, anche io"
Purtroppo la sua vita prese un'altra piega. Nei mesi successivi usciva sempre più spesso e quasi sempre tornava a casa stravolta dall'alcol e ultimamente anche dalla droga. La situazione si stava facendo difficile, sua nonna rischiava di tornare in carcere e lei non voleva. Una sera la portarono a casa più malconcia del solito; stava male, molto male e la nonna chiamò il pronto soccorso. Pur ubriaca fradicia e quasi incapace di parlare riuscì a dire "Ma cosa fai nonna? Tornerai in galera, lo sai? Tu non vuoi lasciarmi ancora sola, vero?" La donna rispose con fermezza "Ho ammazzato per te, ho perso anche un figlio e in galera ci sono già stata, sei ridotta male e io voglio che tu guarisca" Aveva udito quelle parole ma non aveva capito bene, poi vomitò ancora e si accasciò per terra.
Riconosceva quelle stanze, era l'ospedale dell'altra volta. Da quanto era lì? L'infermiera che si presentò in camera la conosceva bene, l'altra volta l'aveva aiutata molto nella lunga riabilitazione.
"Sono ancora qui" abbozzò un sorrisetto
"Già. Ma stavolta ci sei arrivata con le tue gambe, o peggio, di tua volontà"
"Devi farmi la predica?"
"Assolutamente no, sei una mia paziente, non mia figlia e comunque buongiorno. Sono due giorni che dormi"
"Davvero?"
"Davvero. Avevi tanto alcol addosso da incendiare una nave, abbiamo anche trovato tracce di svariate sostanze stupefacenti nel tuo corpo. Di un pò ragazzina, vuoi far morire la tua nonna di crepacuore?"
La nonna. Aveva fatto un gran casino. "E chi la sente quando torno a casa"
"A casa!?" Sbottò l'infermiera "Bimba, tua nonna è tornata in carcere e tu, appena sarai dimessa, torni al centro recupero orfani con annesso un bel programma di disintossicazione, chiaro?"
La nonna era di nuovo in prigione e lei doveva tornare al centro; ci avrebbe pensato successivamente, adesso doveva riposare.
Dopo un paio di giorni fu dimessa e uno degli inservienti del centro era venuto a prenderla. Durante il tragitto non aprirono bocca e una volta arrivati a destinazione lei fu accompagnata al suo alloggio. Stavolta era in camera da sola, nell'ala riservata a chi doveva sottostare al <regime> come scherzosamente dicevano gli ospiti del centro. Nell'ala venivano destinati gli elementi più difficili che per varie ragioni dovevano seguire dei percorsi di recupero e reinserimento più rigidi.
"Eccomi qua, nell'ala, come una cretina. Dovrò farmi venire un'idea o qui rischio di impazzire"
In effetti i primi giorni furono duri, praticamente erano sotto chiave. Non potevano assolutamente uscire dalla zona loro riservata, mangiavano da soli e dovevano sottostare al programma di riabilitazione. Lei aveva un programma tutto suo e una psicologa personale, sono una vip, pensava scherzando.
Quella mattina era in forma e avrebbe messo subito le cose in chiaro.
"Buongiorno, hai dormito bene?" Disse la psicologa.
"Senti, mi sono rotta il cazzo di tutta questa messinscena, adesso ti siedi e mi stai ad ascoltare, va bene?"
"Certo, come vuoi. Ascoltare è il mio lavoro, parla pure liberamente" e così fece.
"Da qualche parte, fuori da qui, ho un padre che non mi ha riconosciuta e che tutti dicono fosse un bravo ragazzo, capito?" Era partita in quarta, la dottoressa fece cenno di ascoltare e lei continuò spedita "Questo bravo ragazzo ha avuto la malaugurata idea di mettere incinta quella puttana di mia madre, si, perché è di questo che si tratta, puttana e alcolizzata. La mia vita è come un film: ragazza abbandonata dal padre cresciuta a suon di botte e insulti dalla madre alcolizzata e prostituta. E così la bambina viene affidata alla nonna premurosa e la sceneggiatura comincia ad avere un senso. La piccola cresce lontano dal mondo crudele e forse col tempo avrà una vita propria. E invece no, la trama è troppo blenda e allora che si fa? Guarda che aggiungiamo uno zio pervertito che porta in casa un maniaco sessuale, con l'intento di vendergli la nipote che adesso è un bel bocconcino. Ma il paladino della giustizia interviene al momento giusto e scanna il porco prima che oltraggi la nipote, mentre il pervertito, roso dai rimorsi, si impicca. Evviva! Giustizia è fatta, due merde in meno che insozzano la terra, una ragazzina spaventata che con il tempo dimenticherà e una donna che aspetta la medaglia per il suo gesto eroico. Ma questo non è un film, e la nonna vola in carcere. Per fortuna il giudice è un brav'uomo e fa di tutto per addolcirle la pena. Dei genitori della ragazza manco l'ombra, così viene destinata ad un centro di recupero e colpo di scena! Lo sceneggiatore ha un attacco di bontà e in un contesto fiabesco inserisce personaggi da favola con cui la ragazza va subito d'accordo. In breve si fa amici e amiche buona parte dei presenti e con il tempo riesce persino a instaurare una mezza relazione con un tipo, ma l'orco cattivo è dietro l'angolo. Così, la sera in cui pensa di darsi al suo principe azzurro lui diventa il brutto ranocchio e lei fugge dalla festa come cenerentola.Però la sua storia finisce all'ospedale, perché la carrozza che la riporta a casa è piena di mostri cattivi che fanno tanto male alla principessa che per un pelo ci rimette le penne. Principessa, principessa, chi sono i mostri che ti hanno ridotto in quel modo? E chi se lo ricorda, dice lei. Trovateli voi, è il vostro mestiere. Così la principessa torna dalla nonna che si prenderà cura di lei, come sempre, ma la nonna non sa che quella sera qualcosa è cambiato nella testa della principessa, qualcosa pronto a scoppiare in modo incontrollabile e quando ciò accade neanche la brava vecchina può far nulla. Anzi no, in un ultimo gesto d'amore sacrifica la sua libertà per cercare di recuperare la nipote perduta.
Ecco la mia storia del cazzo. L'unica persona a cui tengo è in prigione per colpa mia e i bastardi che mi hanno violentata sono in giro liberi come il vento. Questa è la nostra giustizia, questo è il nostro mondo di merda, c'è lo meritiamo tutto"
Il tanfo di vomito aveva impregnato il piccolo bagno e la stava opprimendo. E poi cosa è successo? Non ricordo altro, pensava a rilento; si aggrappò al lavandino riuscendo a rimettersi in piedi. Le sirene in avvicinamento annunciavano l'imminente arrivo dei carabinieri e adesso ricordava, li aveva chiamati lei, ma perchè? Che mal di testa, vado a farmi qualcosa di caldo, forse trovo una pastiglia.
In cucina le si presentò davanti agli occhi una scena raccapricciante. Tre ragazzi, facce conosciute, erano sparsi nel locale orribilmente mutilati, macellati come bestie e un conato di vomito le spaccò lo stomaco ormai vuoto. Poi mise a fuoco la scena: adesso ricordava. La follia aveva preso il sopravvento, scoppiò in un a risata isterica, incontenibile e le tornarono in mente le parole di sua nonna:<E' mia nipote, lo rifarei> "Sì, sì! Anche io lo rifarei, aspettami nonna, sto arrivando."
Fu arrestata, processata e condannata a scontare una pena di quindici anni.
Le affiancarono una reclusa anziana che l'avrebbe aiutata nel recupero, il giudice aveva cercato di essere comprensivo.
"Sono tornata nonna, te l'avevo promesso" disse all'orecchio dell'anziana mentre abbracciate piangevano silenziosamente.