Aspettando il passato
Questa notte mentre dormivo ho realizzato di non essermi ancora addormentato, così mi sono alzato di lena ho acceso una luce ed ho guardato istintivamente l'orologio: erano le 3.42 . Ho bevuto un bicchiere d'acqua e ho fatto la pipì da in piedi, di solito mi siedo come fanno le donne ma solo per motivi igienici, ma questa notte era come se non mi sentissi al sicuro, ero inquieto, così mi sono chiesto quanti come me si fossero svegliati nel cuore di questa fredda notte silenziosa. Mi sono poi lavato i denti, senza motivo, ed ho acceso il televisore senza guardarlo per poi stendermi di nuovo sul divano e fissare il lampadario che pende proprio sopra la mia testa. Dopo qualche minuto mi sono alzato di nuovo, ho aperto la porta ed ho preso posto in veranda. Nessuna automobile circolava, nessuno in strada, nessun cane abbaiava, nessun uccello si agitava, il rumore del molino era l'unico segnale che riconduceva alla vita. Il vento, che per tutta la giornata di domenica aveva infastidito e distratto i pensieri, mostrava un encefalogramma completamente piatto e in questo oceano di aria muta mi sono lasciato cullare per un po', non so quanto perché l'orologio non l'ho più guardato, ricordo solo un flashback di un boato, poi le grida, gli occhi spalancati, l'aurora, le prime notizie, la prima luce, il vai e torna della casa sotto i piedi, le linee telefoniche assenti, i bar stracolmi come fossero l'unico ambiente sicuro. Nel rientrare in casa mi sono osservato attraverso il lungo specchio posto all'ingresso e mi sono visto in mutande e dolcevita, come un anno prima quando scesi in strada di corsa senza pensare. Che mondo è quello nel quale viviamo? A volte ho l'impressione come di vivere in differita, ci sono attimi di diretta e tutto il resto è come se fosse registrato e immaginato già dalla nostra mente prima. Di tutto questo dolore che ci si porta dentro quanto è reale e quanto è immaginato? L'unica risposta sta nel non pensiero.