Aspettare la sera
Si chiedeva con forza sempre maggiore se anche lui sarebbe finito un giorno così come tutti, rassegnato semplicemente ad aspettare la sera. David, questo il suo nome, era di fronte a un appuntamento che gli avrebbe chiarito tutto, proiettandolo in quell'angolo buio dell'anima dove spirito e carne si incontrano. Un colloquio di lavoro lo attendeva quella mattina: PETROL SPA, Via Feltre 21, Milano, ore 12. Questi i dati a sua disposizione. La strada che lo doveva portare verso la via dell'appuntamento era trafficata come sempre e David, con quello spirito contraddittorio che caratterizza i giovani della sua età, guardava con curiosità i suoi compagni di disavventura in quell'ingorgo che si lamentavano senza pace. Era convinto che proprio le persone che si lamentano del traffico di una città come Milano sono gli stessi che alla fine contribuiscono a crearlo, non rendendosi conto di essere un cane che si morde la coda. Era ormai arrivato al luogo del colloquio di lavoro: la palazzina si presentava molto trascurata e ciò che colpì subito il nostro giovane neodiplomato, furono le sbarre alle finestre che gli trasmisero subito una senso di soffocamento. Lui giovane sensibile con la passione per i poeti maledetti e per il "blues del delta" vedeva già qualcosa di inumano in quel luogo. All'ingresso fu accolto da un uomo sui 30 anni, ben vestito ma con un'aria dimessa, quasi rassegnata. Era mezzogiorno in punto. Attese l'arrivo del direttore dell'azienda. Nel salone in cui si trovava si guardò intorno: la segretaria era da sola, e probabilmente lo era tutti i giorni: la luce entrava attraverso le sbarre delle finestre che davano sulla tangenziale. La donna, concentrata sul suo lavoro, non si voltò neanche a dare il benvenuto a David. Il silenzio dominava tutto. Solo il rumore continuo delle stampanti e dei fax creava un'atmosfera fredda e alienante che pose David sulla difensiva. Finalmente arrivò il direttore: era un bell'uomo, alto, elegante e dall'aria gentile. David entrò nel suo ufficio: "Prego, si segga!", era la prima volta che qualcuno gli dava del Lei. "Ho visto dal Suo curriculum che Lei è alla prima esperienza lavorativa", David annuì. "Il nostro lavoro richiede un'adeguata conoscenza delle lingue e quindi se Lei è d'accordo, La sottoporrei a una piccola prova di francese e inglese. Quell'eccessiva formalità e gentilezza forzata furono il "benvenuto" che il mondo del lavoro stava dando a David. La prova fu superata brillantemente. Il direttore, a questo punto si rivolse soddisfatto verso il giovane "Le assicuro che entrando a far parte delle nostra azienda Lei diventerà un ottimo impiegato". Terminato il colloquio David decise di fare una breve passeggiata al Parco Lambro che distava poco da lì. Il parco era vuoto quella mattina. Due parole continuavano a girargli per la testa: ottimo impiegato, ottimo impiegato. Concepiva quelle due parole come un ossimoro, pur rispettando la categoria. Non capiva perchè i suoi sogni di adolescente dovevano infrangersi lì, dove si erano persi tanti suoi amici più grandi. "la vita non può essere questa: un giorno uguale all'altro, mese dopo mese. Perdere lentamente le proprie passioni. Non avere tempo per se stessi". A David sembrava tutto chiaro ora. Tornato in auto l'orologio gli ricordava che era passata un ora dal colloquio. La radio passava una canzone del suo cantante preferito che parlava di whisky, bar e vite diverse. La città era lì ad aspettarlo: "voglio essere il pazzo del paese. Voglio che tutti ridano di me. Voglio vedere cosa c'è fuori!". Vai David credici ancora. Non smettere mai.